ROSORA – Il centro culturale “Don Milani” ha ospitato ieri sera, giovedì 17 agosto, nella fresca “Cantina del Pievano”, un interessante incontro con al centro il tema del lavoro.
Ospite Gabriele Gabrielli, nativo di Rosora e docente di organizzazione e gestione delle risorse umane alla “Luiss” di Roma, presidente della Fondazione “Lavoroperlapersona” di Offida. Al suo fianco, per introdurre, Francesca Scaturro, assegnista di ricerca all’università dorica.
Al gruppo “Detego” affidata, con alcuni brani spiritual, l’apertura e la conclusione dell’incontro.
Complesso e intrigante il tema proposto, vale a dire: “Il lavoro che cambia: contro o con l’innovazione? – Forze in campo e questioni per comprendere e gestire la grande trasformazione”.
«Il cambiamento che viviamo è senza precedenti, così intenso e pervasivo che Klaus Schwab, fondatore e presidente del World Economic Forum, lo indica come la Quarta Rivoluzione Industriale» ha sottolineato Gabrielli, rilevando che tutte le rivoluzioni, anche le precedenti, sono state segnate da grandi innovazioni, ma questa presenta alcune caratteristiche che la distinguono dalle altre. Innanzi tutto la “velocità” con cui travolge tutti i settori, il loro modo di produrre e organizzare il business e il lavoro. Le precedenti rivoluzioni viaggiavano con velocità lineare, questa corre con una velocità esponenziale.
«I pilastri su cui si fonda sono essenzialmente tre. Un uso diffuso di Internet e la possibilità che non solo le persone, ma anche gli oggetti, possano accedere e dialogare con un sistema interconnesso (Internet delle Cose). Un’altra caratteristica della nuova rivoluzione industriale è che oggi l’interconnessione tramite cellulare, smartphone, tablet, è estremamente “facile” e sempre più a “buon mercato”. Così tutti, persone e oggetti, stiamo diventando produttori di dati e costruendo la società dei Big Data, che rende disponibili miliardi e miliardi di dati che vanno elaborati, correlati e interpretati, fonte della nuova ricchezza. Il terzo fattore di discontinuità è rappresentato dall’intelligenza artificiale e dall’uso di robot e “intelletti sintetici” come qualcuno li chiama, macchine che imparano e che sono capaci di sostituire molto lavoro umano. Che impatto avrà questa rivoluzione sull’occupazione e sul modo con cui lavoreremo nei prossimi anni? I robot, oltre che sollevarci dai lavori più faticosi e accrescere la produttività, potranno aiutarci a costruire anche un mondo più giusto socialmente? Quanto spazio lasceranno all’uomo? Tutte domande molto complesse che respingono approcci affrettati e richiedono competenze multidisciplinari».
Riguardo le implicazioni che la Quarta Rivoluzione Industriale avrà sull’occupazione, Gabrielli ha spiegato che gli studiosi sono concordi nel ritenere che la tecnologia avrà effetti negativi sul mercato del lavoro, quantomeno nel breve periodo. La questione più delicata, infatti, è che questa trasformazione è così veloce che non lascia tempo al sistema di riqualificare (reskilling) con altrettanta velocità i lavoratori “disoccupati”.
Ma come cambieranno le condizioni di lavoro con le nuove tecnologie? Queste infatti lasciano immaginare ormai lavori “senza luogo” e “senza tempo”.
«Perde infatti centralità il luogo dove si presta il lavoro che può essere ormai svolto ovunque, anche fuori dell’azienda o dagli uffici, purché si abbia una connessione e la possibilità di accedere ad archivi dati comuni.
La flessibilità consentita dalle innovazioni tecnologiche porta con sé anche la perdita di centralità di un’altra tradizionale componente: il tempo di lavoro. Si potrà infatti lavorare con più intelligenza, ovunque convenga e quando si voglia. Stiamo entrando così nel mondo dello Smart working. Lasciando immaginare un futuro dove i “dipendenti” saranno sempre meno e cresceranno invece lavoratori autonomi, freelance, micro-imprenditori».
Questioni, dunque, di straordinaria complessità e concretezza che meritano grande attenzione in modo che – senza scoraggiare il cambiamento – si possano valutare invece le conseguenze, assumendo così le scelte più appropriate a servizio del percorso di umanizzazione della vita che dovrebbe rappresentare l’obiettivo di fondo di ogni progresso.
In questa cornice, sono in molti allora a chiedersi se l’innovazione porterà maggiore giustizia sociale o se invece aggraverà la situazione ormai insostenibile di diseguaglianza sociale cui siamo giunti.
«Che fare allora? – si chiede giustamente Gabrielli – . Dobbiamo essere contro o con l’innovazione? L’uomo, fin dalla nascita, si è adoperato sempre per migliorare il mondo innovando, ingegnandosi, trovando soluzioni per accrescere benessere per sé e le generazioni successive. L‘innovazione in altre parole è inscritta nel nostro Dna. Quello che bisogna comprendere, per governarle, sono invece le implicazioni e l’uso della tecnologia. Solo questa consapevolezza diffusa, che passa attraverso investimenti cospicui, duraturi e di alta qualità in istruzione e cultura, può aiutarci a dare il “senso di marcia” al futuro e trovare risposte appropriate alla straordinaria complessità delle questioni che abbiamo di fronte a noi. E le risposte sono appropriate soltanto quando mettono al primo posto la persona e la ricerca del bene comune. E questo non dipende dai robot, ma solo da noi».