ANCONA – Lo scorso marzo CentroPagina aveva raccolto la testimonianza di Michel Giaccaglia sulla presenza dello sciacallo dorato sulle sponde del fiume Esino. Giaccaglia è un documentarista e filmmaker di Chiaravalle che da molti anni si dedica alle riprese naturalistiche. Sin dal 2005 ha collaborato a lungo anche con Licia Colò nei suoi vari programmi, come Alle Falde del Kilimangiaro, Il Mondo Insieme e Eden-Un Pianeta che Vive, e collabora anche con il National Geographic con foto e video. Nella circostanza dello scorso marzo aveva raccontato che stava proseguendo le riprese di una famiglia di lupi e da luglio ha cominciato a postare su YouTube alcuni spezzoni dei suoi documentari, attirando sempre molta curiosità, anche perché il lupo e la sua presenza nel territorio fanno sempre discutere.
Michel Giaccaglia, a che punto è il documentario?
«Dal 2020 sto seguendo questa famiglia di lupi nella Vallesina, mi ci sto dedicando praticamente tutti i giorni, a parte i periodi in cui c’è meno attività. È il mio progetto fondamentale».
Il materiale che pubblica su YouTube fa parte di queste riprese?
«Sono tutte anteprime. Questi spezzoni verranno messi insieme, c’è il progetto però il lavoro centrale è ancora tutto da fare. Questo materiale mio personale sarà diviso in due parti. L’intenzione è quella di farne un documentario particolare, diverso dal solito, un po’ meno Quark, e più immersivo, con lo scopo di avvicinare le persone alla dimensione della natura e a quello che possono comunicare questi animali. Il lupo suscita paura, ma poi se uno parla di orsi si pensa all’orsetto, non c’è il rimando al lupo cattivo, mentre il lupo nell’immaginario collettivo suscita diffidenza, alla pari del serpente. Vorrei sfatare i luoghi comuni che ormai dobbiamo lasciarci alle spalle. Queste immagini le sto già fornendo al National Geographic Usa, per Destination Wild, che uscirà nel 2025. Ma quello è un loro format, sugli ambienti naturali del Mediterraneo, e parlerà soprattutto di lupi italiani, ma con riprese anche di altri filmmaker italiani, e dunque anche con altri lupi».
È vero che i «suoi» lupi non hanno paura del drone?
«Sembrerebbe così, la prima volta mi sono avvicinato dopo averli ripresi da terra, cercavo qualche inquadratura diversa e ho provato con il drone, per qualche aerea del paesaggio. Hanno un udito molto acuto e i primi giorni mi sono tenuto a distanza. Poi mi sono avvicinato sempre di più e vedevo che non avevano reazioni infastidite, allora mi sono abbassato e i lupi l’hanno notato e addirittura, anziché allontanarsi, ci si sono messi a giocare, per curiosità, forse, cercavano di prenderlo, lo percepivano forse come una potenziale preda. Ma erano lupi giovani, nati l’anno scorso, con uno spirito tra curiosità, gioco e predazione. E poi quando hanno visto che non riuscivano a prenderlo se ne sono andati. Adesso a distanza di qualche mese lo ignorano completamente. La spiegazione c’è: questi lupi vivono in una zona molto antropizzata, l’altro giorno c’erano dei contadini che con il trattore aravano i campi e loro a cento metri dormivano, probabilmente non sono infastiditi perché vivono vicino agli umani e ai loro rumori continui, d’altra parte sono lupi nati lì».
In generale, quali insegnamenti ha tratto da questa frequentazione?
«In tre anni innanzitutto è aumentata l’ammirazione. È evidente che sono animali estremamente adattabili a qualunque situazione, dalla montagna alle zone antropizzate, e questa è una chiave della grande espansione che hanno avuto, oltre alla disponibilità di cibo, come i rifiuti che lasciamo in giro. Quindi per prima cosa sottolineerei la grande adattabilità di questi animali. E poi il fatto che, guardandomi intorno, con un dato d’osservazione diretta e superficiale, da documentarista, è calata la fauna classificata come nociva, nutrie, caprioli, ma anche cinghiali, che però sono molto più combattivi dei primi due: stanno calando drasticamente a causa del lupo».
Quali pericoli ha vissuto a contatto con questi lupi?
«Mai, nessuno. Una volta all’anno vado anche in Canada a filmare i lupi e dormo con la tenda su un’isola disabitata popolata solo da lupi, di notte li sento anche intorno alla tenda e non mi è mai successo niente. Molti incontri anche a un paio di metri con lupi adulti, anche qui e anche con più d’un esemplare. Sono sempre loro che se ne sono andati, ho percepito molta più tensione e senso del pericolo in incontri ravvicinati con i cinghiali, specie quando si spaventano».
Il lupo cattivo c’è solo nelle favole, dunque?
«Troppo semplificativo. Il lupo è sempre un predatore, non bisogna infastidirlo. Io cerco sempre di evitare comportamenti sbagliati. Il lupo cattivo non esiste, ma è come una volpe o come un gatto randagio che se costretto si ribella. Sicuramente non è un predatore di uomini. È un animale selvatico che se disturbato o molestato si difende. Adesso c’è il tormentone estivo del lupo di Vasto che sembra che da qualche mese attacchi le persone. I lupi in quella zona ci sono e sono tanti, anche in spiaggia, e c’è questo lupo particolarmente mordace e qualcuno sostiene che attacca le persone. Potrebbe trattarsi di un esemplare che è stato tenuto in cattività e abituato all’aggressività, un comportamento anomalo a detta di tutti gli esperti».