I ragazzi stanno cominciando a capire che il mondo di domani non sarà esattamente come quello di prima. Che non si ricomincia dallo stesso giorno e dallo stesso punto in cui il percorso si è interrotto. Vorrebbero capire, ma non solo non hanno risposte ai loro dubbi, non conoscono nemmeno le domande. Se ne stanno in silenzio, un poco di più di come facevano prima.
Loro, sugli scomparsi per l’epidemia covid, quelli che i bollettini della Protezione civile non considerano, che i giornali non sanno raccontare, vorrebbero ancora rispondere “tutto bene”, ma iniziano ad avere paura, tanta paura, soprattutto della morte, di quei continui bollettini “di guerra”.
Come affronta un ragazzo, una ragazza, nell’età dell’adolescenza, la perdita di una persona cara?
L’adolescenza è la fase di passaggio forse più critica della vita, quella in cui avvengono in breve tempo le maggiori trasformazioni: fisiologiche, psicologiche, emotive.
Cosa accade se chi subisce una perdita presenta una maggiore vulnerabilità, come nel caso degli adolescenti? L’adolescenza è un periodo di grandi cambiamenti, di sfide e di crescita che permette di diventare adulti, ossia di poter investire la propria maturità cognitiva-affettiva in un progetto relazionale-affettivo-lavorativo.
Il grande “lavoro” dell’adolescente definito “crisi adolescenziale” può essere rappresentato da una strada “lastricata di lutti simbolici e di simboliche rinascite” (Morgante) e richiede l’attivazione di numerose risorse per poter superare i possibili stati di malessere. In questa cornice, eventi dolorosi e inaspettati, come il lutto improvviso o derivato da una lunga malattia di un parente o di un amico, possono dare all’adolescente la sensazione di essere impotente e sopraffatto non solo rispetto alla perdita subìta ma anche rispetto agli impegni e ai progetti della sua vita.
Le principali reazioni al lutto nei ragazzi sono caratterizzate dall’ansia, dalla rabbia, dall’aggressività, dalla ribellione ma anche dalla “freddezza” sostenuta dal timore di essere soverchiati dalle proprie emozioni. Spesso possono “rifiutare” la notizia, mostrando un’incapacità di reagire soprattutto quando la morte è improvvisa, o mostrare un senso di colpa verso sé stessi, quando si è cercato di evitare la persona malata.
Gli effetti del dolore possono includere sentimenti di paura, di disagio, di insoddisfazione, è possibile un’alterazione patologica dell’umore con la presenza di disturbi somatici; disturbi dell’alimentazione; sintomi ossessivi-compulsivi; difficoltà di concentrazione e apprendimento a scuola; incapacità di mantenere un sano livello di autostima e di connessione alla propria rete sociale; l’esasperazione dei comportamenti a rischio con uso di droghe e attività sessuale per sfuggire e non pensare al dolore della perdita (Moniello).
La percezione prevalente è la solitudine, la convinzione di non essere compreso e di non poter essere aiutato dal mondo degli adulti. Questa percezione viene sostenuta anche dal desiderio di autonomia che porta spesso i ragazzi a mostrare “che è tutto apposto e non ci sono problemi!”
Quali sono le risorse a disposizione degli adolescenti per affrontare il lutto?
Tale processo può essere sostenuto negli adolescenti grazie al nucleo familiare, il gruppo dei pari, la scuola e altri contesti di aggregazione. La scuola ha un ruolo importante sia in termini formativi, sia in termini relazionali, sia per la costruzione della motivazione e della propria identità. I familiari o gli altri adulti, per poter essere di sostegno, dovrebbero essere disponibili ma non invadenti od inopportuni, aspettando che sia il ragazzo che si avvicini richiedendone la presenza; dovrebbero sostenere i tentativi di “farcela da solo”, evitando di minimizzare o amplificare la sofferenza provata.
Importante aiutare il ragazzo a porre particolare attenzione a quel meccanismo di difesa per cui il ricordo di una persona che non c’è più viene rimosso, perché fa troppo male. Questo crea nel tempo l’accumulo di altra sofferenza. Diventa allora importante rapportarsi con una figura specialistica, che aiuta, indicando la strada più corretta, a trovare un modo meno doloroso di pensare al defunto per poterne recuperare il legame in un modo nuovo tutto interiore, per aiutare ad affrontare il senso dell’abbandono e la tendenza a colpevolizzare chi ci ha lasciati, esprimendo la sofferenza e tirar fuori le proprie emozioni.
Chi ci ha amato, continuerà a farlo nel nostro cuore, sempre se lo rendiamo un “ambiente”ospitale.
“…al dolore non c’è rimedio, se non quello di accoglierlo, alle sue tempeste dovrà accompagnarsi sempre una qualche quiete perchè quel dolore parli”
N.Ginsburg
Roberta Cesaroni
(cell. 345.1408208)
Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni Life Mental Coach – Coach Adolescenziale Spa&Wellness Coach Manager