JESI – Tanta gente oggi pomeriggio nella Sala Maggiore del Palazzo della Signoria per l’incontro con il generale Angiolo Pellegrini, già Comandante della Sezione Anticrimine dell’Arma dei Carabinieri a Palermo nei primi anni Ottanta e stretto collaboratore di Giovanni Falcone. Dopo l’impegno mattutino al Liceo Classico con gli studenti, il generale Pellegrini ha incontrato la cittadinanza per parlare di uomini coraggiosi che combatterono davvero la mafia, quel pool antimafia che diede una nuova speranza alla Sicilia, ma anche dei rapporti con il potere politico che negò mezzi, risorse e possibilità ed infine smantellò la squadra del Capitano “Billy The Kid”. Già comandante della sezione antimafia di Palermo dal 1981 al 1985, seguì importanti indagini su Cosa Nostra. All’inizio della sua carriera in Sicilia la mafia era cosa di cui si parlava a mezza bocca, nel migliore dei casi: «si diceva che la mafia come fenomeno globale non esisteva, c’erano delle famiglie mafiose che esercitavano il controllo della zona ma certo che fosse una struttura unica. Intanto abbiamo iniziato a collegare suicidi e persone scomparse, corpi che venivano sommersi di cemento e finivano nelle fondamenta della case, altri sciolti in vasche di acido. Falcone colpì la mafia dove questa non pensava di poter essere colpita: iniziò a sequestrare conti correnti e nonostante le minacce andò avanti». Come uomo di fiducia del pool, il generale Pellegrini ha portato a compimento le più importanti indagini nei confronti di Cosa Nostra: «Con il rapporto 162 la mafia per la prima volta è stata trattata come organizzazione mafiosa».
Accanto a lui Alessandra Antonelli di Agende Rosse di Ancona e provincia, associazione nata tra il 2009 e il 2010 su invito di Salvatore Borsellino per portare all’attenzione della cittadinanza le tematiche non trattate dai mezzi di informazione tradizionali. «Agende Rosse nasce per affiancare i magistrati che seguono processi legati alla mafia e vuole sensibilizzare le persone comuni alla cultura della legalità. Le Agende Rosse contribuiscono a fare luce sugli omicidi di stato: morti ammazzati spesso spacciati per suicidi perché hanno visto o sentito qualcosa, come l’omicidio di Attilio Manca, il medico di Barcellona Pozzo di Gotto, perché non cali il sipario su queste storie».