CHIARAVALLE – È uno degli 80 lavoratori della Manifattura Tabacchi. Uno di quelli che rischiano di perdere il posto di lavoro. È uno come tanti, un padre, un marito, un uomo ancora giovane. Uno di quegli 80, uno che ha preso carta e penna e ha scritto al nostro giornale per spiegare perché non riesce più a dormire né a vivere con serenità e perché ora il futuro fa un po’ più paura. Lo ha fatto con grande sensibilità, con autentica umanità, nella speranza che le luci della manifattura non si spengano e che l’interesse delle persone riguardo alle sorti dell’azienda rimanga vigile e attento. Ha chiesto di rimanere anonimo «perché – dice – la mia condizione è quella di tutti gli altri». La sua lettera è profonda, intensa, pieno di significato.
«Quella strana sensazione di svegliarsi la mattina – scrive il lavoratore della fabbrica chiaravallese – e non riuscire a capire se effettivamente sei sveglio, o l’incubo notturno ancora non è finito. È così che stiamo vivendo da quel maledetto 27 Novembre. Io sono uno di quelli, un dipendente della Manifattura Tabacchi.
Il nome, il ruolo, oggi non è importante, perché siamo tutti madri, padri, figli. Come voi, anche noi fino a qualche giorno fa stavamo pianificando le feste di Natale. Chi con i parenti, chi con gli amici. Chi stava scegliendo il luogo dove festeggiare e chi invece attendeva qualche buono sconto per acquistare i giochi messi nelle letterine. Poi tutto si è fermato. Dal vostro giornale abbiamo saputo che il nostro futuro non esisteva più, e dallo stesso giornale vogliamo raccontarvi un po’ di noi, almeno fino a quando saremo ancora nei fatti di cronaca.
Siamo 80. Differenti età, città, famiglie. Facciamo sigarette e per tanti siamo “i cattivi”. “Chiude una fabbrica di morte? Bene, ottima notizia!” Non vogliamo certo convincere nessuno che il fumo faccia bene, e se chiudere la manifattura di Chiaravalle significasse debellare questa piaga mondiale, bè, saremo noi i primi a farlo. La realtà però non è così semplice. Nel nostro mondo, noi siamo diversi. Mentre i grandi usano logiche di potere e di denaro, noi abbiamo scelto una strada diversa, perché secondo noi, anche produrre sigarette può essere fatto con un’etica. A differenza di altri, noi scegliamo solo tabacco coltivato in Italia, dove esistono leggi a protezione dell’ambiente e dei lavoratori. Costa molto di più, ma lo sconto dato dall’alternativa viene pagato dallo sfruttamento minorile e dall’inquinamento ambientale. Cerchiamo fornitori il più vicino possibile, perché non solo siamo 100% italiani, siamo 100% marchigiani. È inutile che vi racconti i fatti, per questo ci sono giornalisti più bravi di me.
Vi chiediamo solamente uno sguardo. Quando nei vostri spostamenti passate per “il Viale delle Sigaraie”, rallentate, voltatevi e regalateci un sorriso. Perché è questo quello di cui abbiamo bisogno. Dietro l’imponente portone in legno, c’è un cuore che batte ancora forte. Noi siamo alla finestra, in attesa di quel sorriso che possa farci sentire un po’ meno soli. Continuiamo a combattere, e lo faremo fino alla fine, perché a questo non c’è alternativa. Sorrido amaro quando sento al telegiornale “la crisi del calcio italiano”, ma piango nel letto la sera, pensando che quando torno a casa e gli occhi dei miei figli cercano i miei, devo far finta che tutto vada bene. Non siamo in fondo così lontani, potremo essere i vostri figli, i vostri mariti o le vostre mogli. Potremo essere i vostri padri o addirittura voi stessi.
Come voi, abbiamo bisogno di un futuro, di uno stipendio, ma soprattutto ora, abbiamo bisogno di forza per non mollare. È successo in prossimità del Natale, facciamo allora che oltre alle risate, alla tombola ed al panettone, ci possa essere amore, condivisione, aiuto sociale, comunità.
Allora per favore, rallentate, magari fermatevi un secondo e sorridete, e noi non ci sentiremo abbandonati».