JESI- 13 aprile. «Non è stato fatto ancora il closing e non siamo ancora tecnicamente proprietari delle tre good bank. Ne consegue che non possiamo, al momento, operarvi, Banca Marche compresa». Parole di Victor Massiah, consigliere delegato di Ubi Banca oggi nella Sala Bacci del Centro direzionale Esagono a Jesi in occasione del Road Show per i 10 anni del gruppo bancario, che lo ha visto protagonista insieme a Mario Cera, vice presidente vicario del Consiglio di Sorveglianza. Un appuntamento importante, nella città sede di una delle tre banche ponte, e per questo particolarmente affollato da imprenditori, amministratori e operatori delle Marche desiderosi di capire cosa accadrà a cessione avvenuta.
«Al momento – ha chiarito Massiah – siamo degli osservatori e non possediamo le azioni delle tre banche ponte. Per la finalizzazione della cessione attendiamo il verificarsi delle precondizioni stabilite: autorizzazione da parte delle competenti autorità, razionalizzazione dei costi e ricapitalizzazione delle banche ponte da parte del venditore (il Fondo di Risoluzione) per arrivare ad un CET 1 ratio medio ponderato non inferiore al 9,1%, cessione di 2,2 mld di crediti deteriorati già deliberato dal Fondo Atlante ma ancora non partito». «Dal momento dell’autorizzazione – ha aggiunto poi a margine dell’incontro – cercheremo di stare dentro entro i 12 mesi annunciati al mercato per l’incorporazione effettiva in Banca Unica».
Ai soci e ai presenti, il consigliere delegato ha ribadito che l’aumento di capitale di 400 milioni di euro deliberato nella scorsa assemblea di Ubi «non è capitale che copre le perdite ma è finalizzato ad aumentare la patrimonializzazione del gruppo in vista dell’acquisizione delle banche ponte. Pensiamo che, da qui al 2020, queste banche torneranno a produrre utili, con un ritorno del 25% del nostro investimento, ovvero 100 milioni di euro».
Dopo la relazione, Cera e Massiah hanno dato la parola al pubblico presente. Dapprima timidamente, poi con più forza, ha preso corpo il dibattito sul tema del credit crunch. Una sollecitazione messa sul tavolo da Stelvio Lorenzetti, amministratore delegato di Eko, storico brand marchigiano di chitarre conosciute in tutto il mondo: «Siamo tutti buoni clienti di Banca Marche, Cariloreto e Popolare di Ancona. Tutti istituti che a breve saranno sotto un unico cappello, quello di Banca Unica. Il nostro grande timore è che le banche che tutte assieme prima ci davano cento, ora riducano a 70 o 60 o 50… Il tema dell’irrigidimento del credito qui è particolarmente sentito, se viene meno il flusso temiamo il tracollo del sistema marchigiano già danneggiato dal terremoto, dai clienti che non pagano e da una crisi che ha colpito duro. Si ricorderà di noi dalla sua stanza dei bottoni quando avverrà la cessione di Banca Marche e Cariloreto in Banca Unica? Lo speriamo». Un appello, quello di Lorenzetti, condiviso anche da Tontarelli spa e da Giuseppe Casali ad di Pigini Group, altre due importanti aziende della regione. «L’auspicio – hanno chiarito gli imprenditori – è che nella regione non manchi il flusso del credito per poter ripartire. Va bene valutare il rating delle imprese ma non va trascurato il fattore intangibile». «Le aziende vogliono rapidità – ha aggiunto Casali – meglio un no subito ad una richiesta di credito che un ni per sei mesi che poi diventa un rifiuto».
«Siamo operatori economici come voi – ha rassicurato Massiah – Non abbiamo interesse a ridurre gli impieghi. Vogliamo crescere piuttosto. Valuteremo caso per caso come sempre, entrando nel merito. Non esiste una risposta unica: se un imprenditore era in difficoltà prima lo sarà anche dopo la cessione, chi sta bene non deve temere. Di sicuro non è più trascurabile il rapporto tra la leva del capitale in azienda e l’indebitamento, è uno dei fattori che vanno valutati per la concessione del credito, oltre la valutazione della componente qualitativa e ai necessari riferimenti del quadro normativo. Sono comunque d’accordo che la banca torni alla velocità che ci è solita, negli ultimi mesi abbiamo fatto alcune razionalizzazioni».
Tra gli intervenuti, anche il vicesindaco di Jesi, Luca Butini, il quale ha chiesto l’attenzione di Ubi Banca per una «regione colpita dal terremoto» e per una «generazione di azionisti della vecchia Banca Marche abbandonati e traditi». «Sul terremoto stiamo facendo diverse cose – ha risposto Massiah – ma per quanto riguarda gli azionisti non siamo noi la controparte, quanto l’attuale proprietà, il Fondo Nazionale di Risoluzione. Non che voglia evitare il dibattito sugli azionisti, ma voglio dire con molta chiarezza che l’investimento azionario è cosa diversa da un terremoto, non aiutiamo il nostro Paese se non si inizia a lavorare seriamente alla creazione di una cultura finanziaria: investire in azioni, in obbligazioni e possedere depositi sopra i 100 mila euro comporta dei rischi, non possiamo fare finta di nulla, non stiamo giocando al Lotto».
A margine dell’incontro, e sempre in merito alla cessione dei NBM ad UBI, il consigliere delegato Ubi ha chiarito che «il perimetro del credito erogato, la quantità degli sportelli e se ci saranno effettive sovrapposizioni, ed il tema del personale saranno affrontati solo quando avremo effettivamente la possibilità di operare nella good bank in qualità di proprietario. Sul personale, non ritengo in generale un successo del management il taglio dei lavoratori, il nostro obiettivo è far crescere un business e se la crescita è adeguata tutto il resto viene di conseguenza. Ho notato una gran voglia di dimostrare la professionalità e la capacità da parte dei lavoratori di Banca Marche. Sicuramente un grande merito di questa banca è non aver perso la fiducia dei propri clienti».