JESI – Sarà inaugurato domani, mercoledì 27 novembre, con una cerimonia alle 14,30, il restauro del Monumento di Montecappone dedicato ai Martiri del XX Giugno, i sette giovani catturati in via Roma e trucidati dai nazifascisti nel 1944.
L’operazione di restauro è stata finanziata dal Ministero della Difesa su proposta di Anpi e Spi Cgil, «unico intervento nelle Marche e il più a sud in Italia fra i prescelti per il 2019» spiegano per il sindacato i responsabili regionale, provinciale e di Jesi di Spi Elio Cerri, Domenico Sarti e Sergio Ferreri. Con loro per presentare l’intervento, il vice sindaco Luca Butini, Claudio Maderloni della presidenza nazionale Anpi e Massimo Ippoliti, scultore jesino che realizzò l’opera nel 1988 e che, oggi, ha lavorato al restauro.
Gli jesini Mario Saveri, Armando e Luigi Angeloni, Alfredo Santinelli e Luigi Cecchi e i militari sbandati fuggiti dalla caserma Villarey di Ancona Vincenzo Carbone, calabrese, e Calogero Grasceffo, siciliano, erano stati catturati insieme ad una trentina di giovani che, condotti in una casa colonica, furono perquisiti, minacciati, bastonati e rimessi in libertà. I sette, pare traditi da una delazione, vennero accusati di essere partigiani, torturati e fucilati.
Rammenta Ippoliti: «Ricordo le testimonianze di chi c’era all’epoca, raccolte prima di mettermi all’opera nel 1988. Una signora, 14enne nel 1944, raccontò di come accudì i cadaveri, insieme ad una donna più anziana che minacciò di prendere a schiaffi il giovane col fucile che era stato messo di guardia ai corpi perché nessuno si avvicinasse. Sul posto negli anni ’80 c’era solo il Cippo realizzato nel 1945, un anno dopo i fatti. L’idea del monumento venne da un trofeo sportivo che era intitolato ai Martiri e dall’assessore allo sport del tempo, Leonello Rocchetti. C’era la volontà dei cittadini di via Roma, molto legati ai Martiri, di riqualificare uno spazio a rischio di degrado. Rappresentai tre corpi nudi, come i sette ignari di ciò a cui andavano incontro. E poi sette vertebre, i cinque civili e i due militari, collegate da un midollo, a unirli. A distanza di anni ho trovato in buono stato il bronzo, c’è stato soprattutto da ripulire e riparare basamento e cordolo, un poco allentati».