FABRIANO – Un messaggio che prende spunto da una profonda riflessione sul Presepe per affrontare temi quali la sanità, l’accoglienza, il lavoro. «Ero intento a pensare alle parole con le quali poter augurare a ciascuno di voi un sereno Natale, quando mi ritrovo tra le mani una locandina che promuove un concorso sul presepe più bello. Davanti a una così lodevole iniziativa, un sorriso ha scaldato il mio cuore», l’incipit del messaggio di Natale del vescovo della Diocesi Fabriano-Matelica, mons. Francesco Massara. «Ogni Natale nelle nostre case, nelle nostre chiese e in molte piazze, continuiamo a celebrare le festività natalizie, allestendo presepi, piccoli o grandi, con scenari diversi frutto della nostra impareggiabile fantasia artistica. Tuttavia, questi presepi, preparati con tanta cura che a volte sfiora la perfezione, e poi, smontati e impacchettati, al termine delle feste, sono mere rappresentazioni edulcorate dei fatti che avvennero storicamente. Non sono certamente presepi della tradizione del Messaggio cristiano. I presepi veri sono quelli che dobbiamo adoperarci a costruire nella vita di tutti i giorni e nell’arco di tutto l’Anno liturgico accogliendo, per esempio, i nostri simili non come estranei, ma come familiari, e mettendo realmente “in scena” il mistero dell’incarnazione di Dio nella storia. I presepi autentici sono quelli che mettono al centro Chi nasce e non i nostri timori o incertezze per ciò che finisce. I presepi viventi sono quelli che fanno di noi levatrici dell’anima, gli uni per gli altri, incoraggiando il fiorire della speranza anche quando essa appare difficile e animando la fiducia, anche quando le ragioni per tentennare, dubitare o non credere, sono numerose e pressanti. I presepi corrispondenti alla Natività sono quelli che annunciano la Buona Notizia a quanti non sperano più nulla e accolgono, prendendosene cura, coloro che si sentono sospinti ai margini della socialità, nei deserti esistenziali. I presepi sicuri sono quelli in cui la società civile e quella ecclesiale collaborano all’unisono, per costruire ed edificare una società in cui la Pace nasce grazie al suono di parole generatrici di dialogo e non sotto quelle assordanti delle armi. I presepi dignitosi sono quelli in cui lo Stato si impegna a garantire il bene comune creando occupazione ed eliminando la disoccupazione, l’incertezza e la povertà. I presepi benevoli sono quelli in cui la Chiesa fa della carità non un vessillo da ostentare, ma una realtà bella da praticare e sostenere anche nel nascondimento della quotidianità. Non è una missione impossibile. Il presepe è tutto questo».
Il messaggio
Quindi, i temi attuali che interessano molto Fabriano. «Cari fratelli e sorelle, il mio augurio è che per questo Natale, ci impegniamo, insieme, a costruire un presepe in cui si possa ammirare la vicinanza e l’impegno concorde delle Istituzioni e dei cittadini, in cui sia concreto il sostegno a coloro che stanno perdendo o hanno perduto il lavoro, a coloro che stanno affondando in una situazione di debolezza e di precarietà, come avviene per tanti nostri giovani e non solo. Un presepe in cui si possa scorgere una politica capace di uscire da rissosità interne, avulsa dagli interessi di parte, il cui operato sia rivolto sempre più alla tutela e alla salvaguardia del bene comune, concreto e attuale, con lo sguardo sempre rivolto alla persona e al rispetto dei suoi diritti fondamentali. Un presepe che possa attuare un sistema sanitario che restituisca dignità ai malati, che riduca le infinite liste di attesa, che abbatta le difficoltà ad accedere ai servizi essenziali. Mi auguro che, come Chiesa locale, possiamo essere capaci di costruire un presepe sempre più simile alla casa di Betlemme e di Nazareth, ossia una Chiesa più unita, segnata dal vincolo della concordia e della partecipazione, improntata ad un cammino ecclesiale e sinodale colto nel suo significato più completo e autentico. Un presepe, il nostro, che sia una chiesa-casa, una famiglia in cui ciascuno si sente accolto, valorizzato e accettato per quello che è e per quello che ha».
L’ultima riflessione in vista del Giubileo. «A tal proposito, auspico che il Giubileo che ci apprestiamo a celebrare non sia un semplice evento da compiere per dovere o da subire passivamente, ma un vero anno di Grazia da vivere e sperimentare personalmente. Un tempo speciale in cui – come ci ha ricordato Papa Francesco nella bolla di indizione Spes non confundit, cioè la Speranza non delude – possa riaccendersi la speranza della riconciliazione e della conversione del cuore, unitamente alla speranza di edificare una storia fatta di solidarietà e giustizia. Auspico di cuore che questo tempo di Grazia mostri il volto di una Chiesa interessata a Gesù Cristo ed al Vangelo, che parli e viva di Lui in tutte le comunità; che renda i rapporti sempre più autentici e meno formali e che accolga tutti. Spero in una Chiesa più ricca di Gesù Cristo, di Amore, di misericordia, di accoglienza fraterna. Desidero una Chiesa che, all’occorrenza, sappia dire parole sincere e veritiere, anzitutto a sé stessa, e poi, quando necessario, anche al potere economico, politico, culturale, nonché ai mezzi di informazione. Penso ad una Chiesa capace di ascoltare e di accogliere le richieste dei poveri, degli emarginati, dei bambini, di coloro che fuggono dalle guerre. Auguro una Chiesa che si lasci evangelizzare ogni giorno dal Signore, proprio attraverso le grida di dolore e di disperazione degli ultimi e che, alla luce di un rinnovato incontro con Cristo, possa illuminare l’attuale contesto storico, nel quale sembrano prevalere le guerre e i conflitti che feriscono in profondità la nostra vita. Risveglia in noi, Signore, il desiderio di un Natale vero che non sia una festa apparente bensì gioiosa grazie all’Amore incarnato che continua a bussare alla nostra porta, che continua a dirci che è con noi, per noi e, se osassimo di più, anche in noi. Magari questo non sarà il Natale più “bello”, ma sarà certamente quello più autentico», conclude.