Si occupa di finanza dal 1998. Recentemente nominata nel CDA di Azimut Holding, quotata alla Borsa di Milano e inserita nel FTSE MIB 40, ci racconta il recente viaggio a New York dove insieme ad alcuni colleghi ha incontrato importanti partner del Gruppo, reduce anche dal successo di Bologna dove è stato presentato il nuovo Club di investimento ideato per le auto d’epoca. Stiamo parlando di Monica De Pau, toscana e sarda di origini, ma jesina per scelta di vita e di lavoro, Wealth Manager e Public Relations Manager per l’Area 4 di Azimut Capital Management Spa, uno dei principali Gruppi indipendenti in Europa operante dal 1989 nel settore del risparmio gestito. Una figura professionale, quella del consulente finanziario, spesso considerata di nicchia e limitata a tecnicismi del linguaggio economico ma che oggi si rivela particolarmente strategica in questo periodo di cambiamenti e turbolenze dei mercati finanziari.
Monica, può spiegarci cosa si intende per wealth manager?
«È la figura che, nell’ambito della consulenza finanziaria, cura i patrimoni dei clienti di alto profilo, imprenditori, benestanti, figure manageriali apicali, che hanno esigenze finanziarie specifiche, sofisticate, complesse, per cui si richiede una figura altamente specializzata, in grado di lavorare in team».
Ci può spiegare in estrema sintesi come è strutturata Azimut?
«Azimut area 4 è un territorio che è composto da Emilia Romagna, Marche, Umbria, una delle 6 Macro Aree inserita in Azimut Capital Management. Quest’ultima facente parte di Azimut Holding, la capogruppo che ha attività oltre che sul mercato italiano, in 18 Paesi esteri e in cinque continenti».
Ha parlato di estero, quindi mi collego subito alla missione negli Stati Uniti, nella città di New York. Può raccontarci questa esperienza?
«Grazie della domanda perché effettivamente chiarisce molti aspetti della nostra professione e della nostra azienda. Siamo andati a New York con circa 15 colleghi dell’Area 4 e ed è stato un riconoscimento per l’attività che abbiamo svolto nell’anno trascorso: l’opportunità di andare a Manhattan, dove è presente una nostra controllata, Azimut Alternative Capital Partners, presidiata da colleghi che operano sul mercato statunitense, ci ha consentito di conoscere e apprezzare nostri partner che operano nei mercati privati, quindi nel venture capital, nel private equity e in tutto quello che sono gli investimenti sulle aziende ancora non quotate, fornendo capitale per crescere ed esprimere il loro massimo potenziale».
Che cosa avete fatto nello specifico?
«Abbiamo avuto cinque incontri con società leader nel mercato americano per quanto riguarda gli investimenti alternativi, in cui vantano esperienze decennali; il loro contributo è stato quello di presentarci non solo la componente tecnica che utilizzano per selezionare e investire in aziende locali, ma connetterci a livello relazionale attraverso interlocutori che con noi hanno legami e attraverso i quali fanno conoscere, stimare il nostro brand all’estero. Abbiamo acquisito consapevolezza che siamo un’azienda italiana che opera sui mercati internazionali in maniera sempre più globale e connessa con il tessuto imprenditoriale americano».
Quindi secondo lei è ancora attuale il paradigma che i trend degli Stati Uniti saranno quelli che poi andranno a condizionare il nostro mercato nei prossimi tempi?
«Sicuramente il mercato statunitense è un mercato che anticipa le tendenze, ma è altrettanto chiaro che in un mondo globalizzato questo tempo si è accorciato rispetto a qualche anno fa. È certo che quello Usa è un mercato di grande proporzioni, considera che le dimensioni delle loro piccole e medie imprese corrispondono alle nostre big corporate, quindi dimensioni importanti, ma con dinamiche simili e che possono influenzare anche il mercato italiano e quello europeo. In questi quattro giorni abbiamo avuto modo di interagire con i nostri gestori, quindi creare una connessione fra distribuzione e gestione quindi tra chi dialoga direttamente con i clienti, e coloro che operano sui mercati e questa connessione è quanto più valoriale quanto più si affrontano e risolvono tematiche specifiche e complesse».
Al vostro ritorno in Italia siete stati interessati subito dal lancio di una novità per Azimut, il nuovo Fondo di Investimento che avete presentato nell’evento di Bologna sabato scorso.
«Si tratta di un grande novità, un unicum a livello mondiale, un investimento dedicato alle auto d’epoca, l’Azimut Automobile Heritage Enhancement, un asset che nel tempo si rivaluta in maniera decorrelata rispetto ai mercati finanziari e risponde a una grande passione diffusa in tutto mondo. L’Italia costituisce il luogo dove nascono le auto che alimentano questa passione, basti pensare alla Motor Valley emiliana che ha dato vita a marchi come Ferrari, Lamborghini, Maserati, Dallara e Pagani. In questo periodo di turbolenze finanziarie questi oggetti costituiscono un investimento stabile, crescente nel tempo, dedicato a clienti di fascia medio-alta e collezionisti. Crediamo che a livello economico investire in questo strumento possa non solo salvaguardare il patrimonio artistico della nostra Italia ma anche potenziare e rafforzare tutta la filiera».
In che senso ai collezionisti, ci può fare un esempio pratico?
«Un soggetto che ha accumulato un certo numero di auto storiche acquistate nel corso della vita può trovarsi di fronte, ad esempio, a un passaggio generazionale dove i suoi figli, o le persone a lui più vicine, non sono invece interessate a mantenere questo patrimonio, oppure si trovano nella difficoltà di suddividere tra gli eredi questo asset. In questo caso forniamo supporto e consulenza al collezionista che può conferire le sue auto nel fondo e ricevere delle quote dell’investimento finanziario, oppure può essere affiancato attraverso un contratto di consulenza personalizzato e dedicato che lo supporta e lo aiuta nel percorso che individualmente vorrà o potrà intraprendere».