Jesi-Fabriano

Monte San Vito: Lino Ceccarelli, 100 anni senza cognizione del tempo

L'artigiano orologiaio non ha mai smesso di riparare, costruire e dare vita a orologi nella sua lunga vita e non intende andare in pensione

Lino Ceccarelli
Lino Ceccarelli

MONTE SAN VITO – Un orologiaio senza cognizione del tempo. Sembra un paradosso, eppure è così per Lino Ceccarelli, maestro orologiaio che oggi spegne le sue 100 candeline. Spegne, se ha tempo tuttavia… perché a dispetto di quel secolo riportato sul documento di identità, Lino è attivissimo e non è per nulla scontato che abbia tempo da perdere con torte, candeline e ozio. Lui poi, che non ha mai oziato in vita sua.

Riavvolgiamo il nastro della storia per conoscerlo meglio e per scoprire come si possa a 100 anni essere ancora così vivaci, lucidi e iperattivi tanto da svegliarsi ogni mattina alle 5,30 da un secolo e continuare a lavorare tra tornio, ingranaggi e pinze, fino alle 20,30. Tutti i giorni ininterrottamente, come alla frenetica ricerca di una perfezione che non appartiene a questa vita.

Per incontrare Lino Ceccarelli basta aprire il grande portone a pianterreno di Palazzo Simonelli, nel cuore di Monte San Vito. Un palazzo storico, che lui stesso ha ereditato e ristrutturato per realizzare un sogno che è ancora tale: ricavarci una scuola di “Arte, Mestieri e Orologeria” e donarlo alla regione Marche, affinché possa essere una scuola per tutti, specie per chi non può pagarsi i corsi. Per Lino la cosa fondamentale è condividere, restituire un po’ di quella fortuna che ha avuto nel poter mettere a frutto il suo ingegno.

«Ho avuto la fortuna di crescere in miseria – ci racconta – perché per me è stata una fortuna. Non avevamo nulla e in quel nulla ho dovuto trovare la spinta per migliorare e fare del mio meglio, sempre di più. Nelle case dei ricchi non si migliora mai perché hanno tutto e comunque vogliono sempre di più».

Lino Ceccarelli, classe 1924 nasce in una famiglia umile. L’improvvisa e prematura scomparsa del padre, avvenuta il 1 gennaio 1925, aggrava la situazione e costringe la madre a rimboccarsi le maniche per provvedere ai figli da sola. Se ne sta sempre in campagna, per lavorare e coltivare la terra. I figli si arrangiano da soli. In quello spaccato di vita crescono i desideri più forti: Lino cresce, desideroso di apprendere e studiare. Ma non ci sono le possibilità economiche, arriva fino alla quinta elementare.

«Sognavo di fare le medie ma non c’erano i soldi e ho dovuto rinunciare», ricorda. Così anche se ancora piccolo, inizia a maturare quel senso del dovere che ancora oggi – a 100 anni – lo spinge ad alzarsi ogni mattina alle 5,30. Inizia a fare dei lavoretti, vuole sempre più migliorare. Siamo nel 1934-1935. «Aiutavo il maestro a rilegare i libri della biblioteca scolastica – spiega Ceccarelli – poi terminate le elementari sono andato a bottega da un fabbro. Lì ho imparato un sacco di cose e ho incontrato il figlio del fabbro, due anni più grande di me, che mi mostrò i pezzi di un vecchio orologio da taschino rotto. Quelle rotelline, quegli ingranaggi erano così belli! Non ne avevo mai visti, a casa mia non c’era neppure una sveglia».

In quel metallo scassato nasce il desiderio di un bambino, desiderio che si trasforma nel lavoro di una vita. Un lavoro che lo porta, nel 1943 a montare gli strumenti di bordo sugli aeroplani militari e a collaborare con i radioamatori per la sistemazione degli ingranaggi delle radio. Inizia a smontare e rimontare, da autodidatta, provando finché gli ingranaggi non collimano e non combaciano, finché il cuore di quel vecchio orologio non torna a battere. E continuerà a smontare e rimontare, saldare e costruire pezzi ex novo per tutta la sua lunga vita. Fino ad oggi, come un moderno Hugo Cabret alla ricerca dei pezzi per realizzare il suo ingranaggio perfetto. Che poi, sembra quello della vita.


«Non aggiusto orologi, ma ne costruisco – spiega ancora – e lo faccio di continuo, utilizzando anche un tornio che ho costruito io, lavorando per restare attivo e per mantenere quell’equilibrio relativo che mette in connessione la mia esistenza terrena a quella che forse, mi attende dopo».

Non ci gira troppo attorno Lino, sa che prima o poi dovrà fare i conti con la morte. «Quando sarà, sarà – continua –, la cosa importante è aver seminato bene e non aver tenuto nulla per me. Perché bisogna pensare agli altri, condividere e dividere: il ricavato delle riparazioni lo dono al padre missionario Matteo Pettinari per la sua missione in Uganda».

Cento anni tuttavia. «Secondo me si sono sbagliati, non me li sento affatto!» ironizza e quando gli chiediamo i segreti di tanta longevità, non ha dubbi: «stare lontano dalla politica che è solo ipocrisia, cercare di sbagliare il meno possibile, fare una vita modesta e non egoistica, mangiare poco e sano (perché per gli eccessi poi il corpo presenta il conto), cercare di evitare le arrabbiature e avere molta pazienza».

Per evitare le arrabbiature e coltivare la pazienza Lino ha avuto il vantaggio della solitudine, non avendo una moglie al suo fianco per metterlo alla prova. Oggi quella solitudine della bottega è riempita dalla musica e dalla presenza di allievi provenienti da tutta la regione che ogni domenica vengono a imparare il mestiere di orologiaio da questo arzillo artigiano fuori dal tempo. E ha ancora un altro progetto. «Vorrei insegnare a costruire orologi ai detenuti del carcere di Ancona – conclude – perché lavorare con questi ingranaggi ferma il tempo, aiuta a spenderlo in modo diverso e a valutarlo in un altro modo. Se stai al banco non ti rendi conto delle ore, ma hai modo di pensare a te e alla tua vita».