JESI – “Il granaio del cielo non può mai essere pieno” è il titolo della mostra di Guerrilla Spam che sarà inaugurata domani (sabato 20 ottobre), ore 18, alla Usb Gallery di via Mura Occidentali, 25a, a Jesi.
Sono quattro i giovani artisti ospiti, che hanno un bagaglio di studi molto differenti tra loro, della curatrice Annalisa Filonzi. La mostra ha il patrocinio del Comune di Jesi ed è la prima personale di Guerrilla Spam che dal 2010 opera nell’ambito dell’arte urbana con azioni prevalentemente di affissione che stimolano il pensiero critico dei cittadini e dal 2016 si occupa con le sue opere del tema della migrazione.
In occasione della mostra, alle vostre opere, che si caratterizzano per l’uso esclusivo del bianco e del nero, aggiungete anche l’oro. Perché questa scelta?
«L’oro è metafora di luce – spiegano gli artisti -. Nelle nostre opere raccontiamo qualcosa perciò il segno nero sul foglio bianco basta. Tuttavia questa volta il messaggio è differente: abbiamo utilizzato la “luce” per illuminare la visione stereotipata che noi occidentali abbiamo del continente africano. La luce nel bianco e nero racconta una storia, illumina le coscienze. Non è la prima volta, però, che facciamo un’eccezione: abbiamo svolto dei laboratori con i detenuti della casa circondariale di Larino ed in quel caso abbiamo utilizzato solo colori». Tredici le istallazioni in mostra, composte di più pezzi (esposizione sarà aperta fino al 18 novembre su appuntamento 3487237095).
Quando vi siete avvicinati alla cultura africana e perché?
«Da qualche anno abbiamo approfondito questo aspetto avvicinandoci all’arte africana: il nostro mondo è contaminato dall’altro».
Il messaggio della mostra è chiaro: prendere posizione contro la deriva xenofoba. Secondo voi, la paura dell’altro da che cosa deriva?
«Dalla non conoscenza».
L’arte può aiutare? «Sono tentativi e facciamo approfondimenti. Lavoriamo molto con le scuole e lì trovi un pubblico molto eterogeneo con numerosi spunti di riflessione. Il prossimo progetto ci porterà a Torino, per lavorare con le famiglie povere della città, sia italiane che straniere».
Avete seguito anche dei progetti e delle istallazioni anche nel Comune di Riace, vero?
«Si, un’esperienza cui siamo molto affezionati. Siamo rimasti colpiti da questa realtà sin dalla sera in cui siamo arrivati: per la strade i bambini giocavano insieme, nei locali anziani e giovani passavano il tempo insieme. Provenienze geograficamente molto diverse: questa è Riace oggi e lo è stata nei secoli, basti pensare che i Santi patroni Cosimo e Damiano sono siriani. Su iniziativa del Sindaco Mimmo Lucano abbiamo eseguito dei lavori nel paese, uno su tutti quello alla Mediateca di Riace: tre porte, l’Asia con i volti di Cosimo e Damiano, l’Europa con i Bronzi e l’Africa con dei volti ripresi da alcuni drappeggi». Il messaggio dell’artista è evidente: l’osservatore è invitato a riflettere sul presente e sul passato dell’accoglienza che da sempre ha caratterizzato il Mediterraneo.