Jesi-Fabriano

Museo Diocesano di Jesi, inaugurata la splendida sezione dedicata alle icone

Alla presenza del vescovo, don Gerardo Rocconi, e del direttore Randolfo Frattesi. Sono 38, donate da don Vittorio Magnanelli, parroco di San Francesco di Paola, alle quali se ne aggiungeranno altre 13 ora esposte nella Quadreria di Palazzo Bisaccioni, sede della Fondazione Carisj

Giulia Giulianelli, don Vittorio Magnanelli, Randolfo Frattesi, Carla Marinelli, Sara Tassi, suor Patrizia Pasquini
Giulia Giulianelli, don Vittorio Magnanelli, Randolfo Frattesi, Carla Marinelli, Sara Tassi, suor Patrizia Pasquini

JESI – Il Museo Diocesano offre da ieri, 11 marzo, una nuova sezione al visitatore: quella dedicata alle icone.

Sono 38, donate da don Vittorio Magnanelli, parroco di San Francesco di Paola – i “Paolotti” – , in attesa che si aggiungano anche le altre 13 attualmente esposte alla Quadreria di Palazzo Bisaccioni, sede della Fondazione Carisj che ha contribuito economicamente al loro restauro. Ma ieri, per l’occasione, ne sono state temporaneamente esposte anche altre 11.

Alla Sala Valeri, oltre a un pubblico molto interessato all’evento, c’erano il vescovo, don Gerardo Rocconi, il direttore del museo e dell’Ufficio beni culturali della diocesi, Randolfo Frattesi, suor Patrizia Pasquini, relatrice dell’incontro, lo stesso don Vittorio, Sara Tassi e Giulia Giulianelli, conservatrici del museo, e Carla Marinelli, collaboratrice.

Icone museo diocesano
La sezione delle icone al Museo Diocesano

Suor Patrizia, iconografa, della congregazione delle Adoratrici del Sangue di Cristo di Castelplanio, ha svolto un’interessante relazione relativa alla tecnica di realizzazione delle icone «che non si possono guardare come si guarda un’opera d’arte dell’Occidente, in quanto in Oriente c’è una cultura tutta particolare che vede nell’icona una finestra che si apre sul mondo di Dio, creando come un ponte. Rende, cioè, accessibile il visibile dell’invisibile».

Le icone esposte sono 38 ma se ne aggiungeranno altre 13
Le icone esposte sono 38 ma se ne aggiungeranno altre 13

Chi “scrivecon i colori un’icona, perciò, deve attenersi a canoni particolari in quanto sta parlando di Dio, è un teologo.

Ed è una persona che si è lasciata “trasformare” dal divino e generalmente accompagna il suo lavoro in spirito di preghiera, che vive in comunione con la Chiesa e con la sua tradizione e a questa si attiene.

Una delle 11 icone temporaneamente esposte per l'occasione inaugurale
Una delle 11 icone temporaneamente esposte per l’occasione inaugurale

«Nell’icona – spiega suor Patrizia – la sua creatività è presente nei colori, nei particolari. Ma non tutti i particolari che desidera perché non sta parlando di se stesso ma di Dio, secondo una visione teologica. Pertanto la sua creatività è limitata. Presta la sua mano a Dio e quello che realizza non è suo ma semplicemente un’opera attraverso la quale la bellezza divina si rende presente».

Suor Patrizia Pasquini
Suor Patrizia Pasquini

Tanto è vero che l’iconografo, generalmente, non firma la sua opera. I materiali che vengono usati: il legno, che ha il senso biblico della salvezza con la croce di Cristo. I colori, che esprimono la luce, con l’oro che circonda l’immagine e sovrabbonda nelle vesti. La procedura, la quale prevede che sopra il legno sia posta una tela – ricordo di un evento miracoloso -, la levigazione con il gesso, il disegno che deve rispondere a canoni precisi.

Don Vittorio Magnanelli
Don Vittorio Magnanelli

«L’icona non prevede la profondità, si costruisce sull’altezza e sulla larghezza. Ha una prospettiva rovesciata per cui i punti convergono verso chi guarda, punto di arrivo che mira al cuore. Il divino che entra in noi. La luce e la prospettiva rovesciata sono peculiarità».

Il pubblico alla Sala Valeri del Museo Diocesano
Il pubblico alla Sala Valeri del Museo Diocesano

Come lo è quella dello sguardo. Anche se le figure sono di profilo sono sempre disegnati entrambe gli occhi in quanto Dio lo si vede faccia a faccia. Lo scopo è quello di presentare una visione, un incontro, con Dio che si rivela.