JESI – Francesco era un genio, un musicista, un artista. Uno fuori dal suo tempo, con la testa troppo oltre per farsi imprigionare negli schemi e nei dogmi del quotidiano. Un puro, che non si è lasciato contaminare il cuore e l’anima. Francesco era dolce, sensibile, fragile. Era, lo è ancora, ovunque siano lui, la sua musica, la sua arte.
Per non disperdere il ricordo, la genialità e le intuizioni artistiche del giovane musicista jesino Francesco Vilotta, scomparso all’età di 37 anni, il collettivo Lamuuf insieme a Michela Rosetti ha organizzato una mostra, che aprirà i battenti dal 19 novembre al 4 dicembre nello spazio espositivo di Palazzo Santoni. Partner della mostra, il Comune di Jesi-Assessorato alla Cultura.
«Francesco Vilotta è stato un artista, musicista e animatore culturale della nostra comunità», il ricordo dell’assessore alla Cultura Luca Brecciaroli. «Purtroppo ci ha lasciati alcuni anni fa, giovane e irrequieto, vivo e geniale, nel pieno della sua esuberanza artistica. Questa raccolta di alcune sue creazioni vuole essere un piccolo ma sentito ricordo di un ragazzo conosciuto, che non lasciava indifferenti. Al tempo stesso, un piccolo saggio di un’arte contemporanea e sperimentale, una ricerca bruscamente interrottasi ma che, in fondo, non si interrompe mai».
L’esposizione, curata dal Collettivo Lamuuf, è una raccolta di disegni, grafiche, testi e versi che svelano la sensibilità e il “genio” di «un’esistenza combattuta e irredenta, immersa nelle temperie proprie della cultura punk, dunque desublimatoria e sfacciata, in cui l’espressione è secrezione diretta della interiorità, in cui l’efficacia formale erompe proprio dalla forza che bistratta la forma. La musica di Francesco, con il gruppo punk “Vel”e con il progetto solista “MrWhore”, è stata il veicolo, se non la principale soluzione, delle sue spinte represse e conflittuali. Un medium esaltante e iconoclasta, egotico e dissolutorio, in cui si è affermata quella parossistica ciclicità di rivendicazione, abuso e rifiuto delle proprie appartenenze, dei sentimenti e dei desideri», spiegano gli organizzatori.
La mostra espone ritrovati, collages, scarabocchi, appunti in cui si staglia un reale più vasto dell’habitus, un pensiero più dirompente della chiarezza, un segno più incisivo – e più decisivo – del significato. «Non una mostra commemorativa – puntualizza l’ideatrice Michela Rosetti – ma una raccolta di potenziali opere d’arte, di incisi, disegni, pensieri inediti. Francesco era una persona di una interiorità ricchissima, che riversava in versi, appunti, apostrofi che forse, se la sua vita non si fosse interrotta tragicamente, sarebbero diventati canzoni, libri. Non lo sapremo mai. Ma ci resta tantissimo materiale inedito, gelosamente custodito finora dalla famiglia nella stanza di Francesco dove sono potuta entrare, toccando con mano l’estro creativo di questo giovane artista, grazie al fratello che ha aderito con entusiasmo all’idea della mostra e mi affianca nel processo di riordino dei materiali».
Qualche curiosità: la mostra viene presentata come un processo evolutivo del pensiero critico e artistico di Francesco, parte dalla sala espositiva principale di palazzo Santoni dove sono esposti testi e grafie già pubblicate. Poi ci si addentra in altre due sale, dove regna l’inedito: la parte più intima, nascosta dei suoi pensieri. Pagine di diari, appunti, disegni. Testi elaborati in forma poetica in cui esteriorità e interiorità dialogano in un contesto di grande austerità. Francesco Vilotta aveva una verve cinica verso il mondo, questo traspare dai suoi testi. «Abbiamo preso la sua grafia virtuale e trasformato in un font. Abbiamo anche trasferito su stampa un murale che era sul muro della sua camera – aggiunge Michela Rosetti – e tutto è testimonianza tangibile di una ricerca personale che lotta con un travaglio esistenziale in cui parole, disegni e opere sono permeati di un male di vivere evidente. Un male esistenziale che lo accompagnava. Leggendo questi testi si possono comprendere le sue inquietudini, i suoi mostri, le angosce e comprendere il drammatico epilogo della sua giovane vita. Che non finisce con la sua morte, ma continua nelle sue opere… sarà una mostra viva, accompagnata da una installazione molto particolare».
Michela Rosetti è appassionata, curiosa. Parla di Francesco al presente, eppure non l’ha mai conosciuto. «Degli amici mi avevano parlato di lui, poi ho conosciuto il fratello che mi ha raccontato la sua storia, della sua musica…mi ha mostrato la sua stanza ancora bruciante di pensieri, scritti, poesie e segni che dialogano con il nostro quotidiano. Non poteva restare tutto lì, chiuso dentro quattro mura».
Insieme alle opere grafiche si dipanerà anche il “carteggio” di uno spirito capace di unire la dimensione psichica con la logica più austera, la grammatica con le sue iperboli poetiche, la lingua con la parola innervata da intensità pulsionali. «Abbiamo allestito lo spazio – spiegano i curatori – declinando la sintesi dialettica tra elevato/spurio, puro/scabro, solenne/dozzinale, cercando di restituire le tensioni di una creatura assetata d’una purezza “immonda”: quella appunto del mondo epurato dalle sue confezioni sociali e inondato dalle scariche desideranti, rivoltose di una vita irriducibile a quelle schermature. È per questa scissione di un vivere che non può ri-solversi che l’arte cessa d’essere un regime culturale per mutarsi in macchina militare, macchina di attacco, macchina di resistenza, prestata all’irruzione di un essere che eccede l’io, in cui l’iscriversi dell’io porta con sé questa esondazione, questa potenza di vita/morte».
L’esposizione sarà visitabile dal 19 novembre al 4 dicembre dalle ore 16 alle 20.