Distogliete per un attimo l’attenzione dal Corona-virus e pensate ad una piccola comune isolata sulle colline di Cupramontana, nelle Marche, che ha seguito fino in fondo i principi della decrescita e dell’armonia con la terra: senza elettricità, automobile, televisione, computer, smartphone, lavatrice e aspirapolvere che nel loro vivere a contatto con la natura, senza interferenze dal mondo esterno, non abbiano coscienza del virus e degli altri problemi che ci affiggono quotidianamente.
Stiamo parlando della tribù delle “Noci Sonanti” formata da Fabrizio e dal suo unico figlioletto Siddartha che hanno talmente incuriosito per la loro scelta di vita anacronistica che su di loro è stato girato un docufilm intitolato Noci Sonanti (Siddartha) che ha vinto il premio Hera “Nuovi Talenti” al Biografilm 2019 e che sarebbe dovuto uscire nei cinema italiani il 30 marzo.
Una noce dentro un sacco poco rumore fa. Ma tante noci insieme suonano.
Il film diretto da Daminano Giacomelli e Lorenzo Raponi narra la storia di un uomo che, in una vecchia casa colonica, decide di vivere in comunione con la natura ospitando coloro che decidono di condividere lo stesso stile di vita. Trent’anni dopo, il regista vive un’estate in Tribù con Fabrizio (69 anni) con il suo unico figlio, Siddhartha (9 anni) e riprende quello che succede. Per preparare al meglio l’esame scolastico sostenuto da privatista, unico momento istituzionale della sua vita, Sid ha scelto di trascorrere l’estate in Tribù con l’unico insegnante che accetta: suo padre. Qui comincia a trascorrere sempre più tempo con la sua vicina di casa Sofia (11 anni), insieme alla quale sperimenta uno stile di vita completamente diverso. Una differenza che il bambino deve considerare quando immagina per la prima volta il suo futuro. (fonte: Coming Soon https://bit.ly/2TXhsHC)
Il film ci impone una profonda riflessione su chi siamo e sul moderno stile di vita che diventa sempre meno sostenibile per il nostro pianeta. Riciclare, o fare buon uso di tutto quello che abbiamo a disposizione, dai manufatti alle energie, ai prodotti della natura, dell’agricoltura, della raccolta, della caccia, è stata una cosa perfettamente normale presso tutti i popoli e tutti i luoghi della terra, in ogni epoca. “Solo da un pugno di anni la nostra società, o meglio noi, tutti noi, come bambini capricciosi e viziati – afferma il fondatore della tribù – ubriachi di abbondanza e di inconsapevolezza ci siamo permessi, ci permettiamo, di vivere in maniera distruttiva e autodistruttiva. E’ stato questo a rendere necessaria l’invenzione della parola riciclaggio e la sua pratica, spesso un timido tentativo di tamponare il disastro non solo imminente, ma già presente”. Le parole di Fabrizio sono un pugno nello stomaco, l’interrogativo dimenticato della nostra coscienza, lo “gnōthi sautón” che ci impone l’eterna ricerca di noi stessi.
Chi siamo? Dove stiamo andando? A partire da Socrate la filosofia ha assunto il motto “conosci te stesso” come bordone per la ricerca esistenziale. Una ricerca che suggerisce all’uomo di conoscersi, di operare quindi un cambiamento per pervenire al proprio sé migliore, edificando se stesso secondo il proprio desiderio. Probabilmente questi interrogativi rimarranno senza risposta ma, Corona-virius permettendo, fra un po’ potremo andare tutti al cinema per conoscere la storia delle Noci Sonanti e vivere, almeno per la durata del film, in simbiosi con la natura proprio come Fabrizio e Siddartha.