JESI – Elisabetta II è morta, un capitolo di storia si chiude. La sovrana, 96 anni e amatissima non solo dai sudditi ma anche dal resto del mondo, si è spenta ieri 8 settembre e ora il primogenito Carlo, 73 anni, definito “l’eterno erede” sale al trono come re. Il nuovo sovrano del Regno Unito sarà noto con il nome di re Carlo III. Ma solo gli annali della storia ci ricordano che nel lontano 12 maggio 1988, quando Carlo era ancora “solo” Principe di Galles, venne in visita privata a Jesi.
L’erede al trono d’Inghilterra venne nelle Marche ospite della famiglia Leopardi. Una visita segreta, ma non certo blindata. Carlo, accompagnato dalla famiglia Leopardi e dalle sue guardie del corpo, venne a visitare la città di Federico II, con un passaggio alla Pinacoteca, essendo un grande appassionato di arte e pittura, e alla Cattedrale.
Memoria storica di quel passaggio memorabile è l’ex sindaco professor Gabriele Fava (in carica dal 12 maggio 1983 al 10 aprile 1988). «Sebbene io avessi lasciato la fascia tricolore da poco, al sindaco Ernesto Girolimini eletto l’11 aprile 1988 – spiega Fava – ricordo bene quel giorno. Il principe Carlo venne in visita privata, senza clamori né pubblicità. Iniziarono a girare per la città, so anche che dopo essere stato al Duomo entrò nell’atrio comunale e rimase molto colpito dalle grandi lastre di marmo con tutti i nomi dei caduti. Chiese di quelle vicende storiche, si soffermò a scorrere velocemente i nomi impressi sul marmo. E mentre lui cercava di scoprire meglio le pagine passate della storia cittadina e dei suoi caduti, qualcuno accortosi di quella presenza illustre nell’atrio, fece sapere ai piani alti che c’era il principe Carlo. Ma nessuno si presentò, nessuno scese a rendergli omaggio con un saluto».
La memoria di chi c’era, la memoria infallibile e lucidissima del professor Fava, ci fa scoprire poi un aneddoto carinissimo e inedito legato a quel giorno. «Dopo il palazzo comunale – continua l’ex sindaco – il principe con la famiglia ospite e le guardie del corpo scesero lungo le viuzze del centro storico, il vero cuore antico di Jesi. E pare che il principe si innamorò di uno scorcio, così suggestivo e particolare, da volerlo ricordare. Anzi, dipingere. Così ordinò alle guardie del corpo di tirar fuori tavolozza e pennelli per ritrarre quel luogo, abitudine che sembra all’epoca avesse di frequente».
Gli portarono tela e pennelli e lui, seduto come un partecipante al concorso “Giù pe’ Sant’Anna” si mise a colorare, dipingere, ritrarre. Come fosse la cosa più normale del mondo, fatta da un uomo qualunque appassionato d’arte. Ma un uomo qualunque non era. «Infatti, da una finestra della casa adiacente, una vecchina jesina si accorse di quel trambusto, si affacciò alla finestra e, riconosciuto il principe Carlo, scese, uscì dal portone fino in strada – racconta ancora Fava – si avvicinò con gentilezza al principe e gli disse “principe, vuol venire su che le offro il caffè?”. Le guardie del corpo fecero al reale la traduzione della richiesta della nonnina e lui, felice per la richiesta, dovette tuttavia declinarla. Le guardie del corpo risposero alla vecchina: “il principe la ringrazia ma purtroppo non è in grado, per ragioni di sicurezza, di accettare il suo gentile invito”. La nonnina fu tuttavia molto felice di quel breve scambio di battute con un personaggio tanto illustre. Era molto anziana, credo che oggi non ci sia più. Né si sa che fine abbia fatto poi quel dipinto dello scorcio di Jesi. Ma al di là dell’identità della signora – conclude il professor Fava – è importante il gesto: un invito semplice, di cuore, fatto con grande spontaneità. Ed è proprio la spontaneità la caratteristica fondamentale di noi jesini. Di fronte a tutti, anche ai principi».