Jesi-Fabriano

Omicidio Sartini: «Nica lo ha ucciso per soldi e oro che gli servivano per pagare una prostituta»

È la motivazione dei giudici della Corte d'Assise d'Appello che emerge nella sentenza che ha portato alla condanna di 16 anni per il 25enne romeno accusato del delitto del 53enne, avvenuto a Chiaravalle la notte tra il 26 e il 27 dicembre di tre anni fa. La difesa farà ricorso in Cassazione

La sede della Corte D'Appello di Ancona
La sede della Corte D'Appello di Ancona

CHIARAVALLE – Ha ucciso Giancarlo Sartini per derubarlo di soldi ed oro che gli servivano per pagare una prostituta. Questo il movente secondo i giudici della Corte d’Assise d’Appello che il 28 marzo scorso hanno condannato a 16 anni per omicidio volontario aggravato Nica Cornel, il romeno di 24 anni accusato del delitto del 53enne chiaravallese. È riportato nelle motivazioni della sentenza dove viene ricostruita passo dopo passo la notte tra il 26 e il 27 dicembre 2015, quella in cui Sartini è stato ucciso a colpi di una sbarra o di un tondino di ferro, all’interno della sua abitazione in via Circonvallazione 23. Un furto quindi degenerato in omicidio, che ha commesso da solo. La presenza di un complice, per i giudici, è ventilata solo nella ipotesi che qualcuno lo avrebbe aiutato a ripulire la scena del delitto, per togliere tracce riconducibili a lui. Questo spiegherebbe l’impronta trovata sul sangue di Sartini, che in sede di indagine non è stata attribuita a Nica, di un piede destro che indossava un calzino. A far propendere la corte per la condanna, ribaltando la sentenza di primo grado dove in abbreviato era stato assolto, sono state le numerose contraddizioni di Nica ma anche di altri testimoni della difesa, emerse nella ricostruzione di quella notte come le telefonate alla madre. Poi ci sono le intercettazioni telefoniche, con madre e sorella, dove è preoccupato che gli abbiano trovato il «ferro» e che le telecamere lo abbiamo ripreso. E ancora quelle del tessuto trovato sotto le unghie della vittima, riconducibile ad una maglietta indossata dall’assassino, che Nica nelle intercettazioni dice di aver bruciato dandogli fuoco anche se un pezzo era rimasto lì.

Stando alla sentenza di condanna Nica quella notte aveva avuto due rapporti sessuali con una prostituta, portata a casa attorno all’1-1.15. La squillo, una persona già di sua conoscenza e con la quale era disposto anche ad avere un futuro, sarebbe però rimasta in casa più del tempo pattuito (almeno due ore) e quindi la cifra da pagare era superiore a quella posseduta dal 25enne. Sulla donna i giudici ipotizzano che avesse intuito che il romeno aveva fatto qualcosa, quando poi è stata pagata, ma non poteva sapere che era stato commesso un delitto. Alle 3.23 la prostituta è già fuori casa di Nica perché una telecamere di una banca la riprende in via Gramsci, che cammina alterata. Nica alle 4 l’ha raggiunta per pagarle la prestazione con soldi e gioielli, quelli presi da casa di Sartini. Cosa è successo nel lasso di tempo? La ricostruzione dei giudici è chiara: il 25enne entra a casa di Sartini dove già il 9 settembre avrebbe fatto un furto ma la vittima non lo aveva riconosciuto, passa da una finestra laterale al fronte strada. Sa dove trovare un bancomat umano per prendere i soldi che gli occorrono per pagare la squillo. «Sa che Sartini tiene i soldi e dove – riporta la sentenza – ma a differenza di settembre Sartini ha una reazione non prevista, lo afferra per la maglietta con la mano sinistra, quasi certamente come Nica scansa la mano sinistra e colpisce d’istinto con la sbarra di ferro usta per forzare la finestra. Dopo le 4 ha tempo di bruciare la maglietta». L’avvocato Marina Magistrelli, che difende il 25enne, aveva commentato la sentenza come «un errore macroscopico perché non ci sono prove» annunciando il ricorso in Cassazione. Nica è difeso anche dall’avvocato Simeone Sardella.