JESI – Meno di cinquanta persone ricoverate per coronavirus all’ospedale Carlo Urbani. Diminuisce progressivamente la pressione sul nosocomio cittadino che, durante il picco dell’emergenza, ha superato abbondamentemente quota cento pazienti in cura. Al momento, vi sono 9 persone in terapia intensiva e altrettante in semi-intensiva, da sommare a ulteriori 26 malati nei reparti adibiti per il virus.
«Inizialmente non vi è stato coinvolgimento da parte della regione, forse comprensibilmente. Ci si è occupati dell’emergenza – spiega il sindaco Massimo Bacci -. Passata la fase acuta, tuttavia, il confronto è mancato ed è importante, ora, che i Comuni vengano ascoltati, anche in vista della ripartenza. Resto in fiduciosa attesa di azioni coerenti ad una sanità marchigiana rispettosa del principio di sussidiarietà e di condivisione di una tematica che deve coinvolgere responsabilmente tutti. Il Carlo Urbani, ad ogni modo, ha dato prova di grande professionalità, capacità e competenza. Mi auguro che ciò venga ricordato al termine di questa pandemia».
Nei giorni scorsi, Bacci aveva chiesto a Ceriscioli di ripristinare gradualmente le attività svolte nel nosocomio cittadino, destinandolo al territorio di riferimento. Sul totale dei pazienti ricoverati all’inizio della pandemia, infatti, quelli provenienti da Jesi e la Vallesina rappresentavano appena il 25%. «Grazie anche all’ospedale da campo della Marina Militare, si ritiene vi possano essere le condizioni di liberare posti per permettere al Carlo Urbani di poter lentamente tornare ad erogare i propri servizi, in particolare quelli delle Chirurgie, per un bacino di utenza che è superiore ai 100 mila abitanti – sostiene il sindaco -. Ogni altra ipotesi che ricondurrebbe al Carlo Urbani pazienti di altri ospedali, o nuovi ricoveri di utenti che possono essere curati negli ospedali più prossimi alla loro residenza, non potrà trovare alcuna condivisione da parte di questa Amministrazione comunale che, viceversa, ritiene importante concertare con la Regione Marche e le autorità sanitarie un percorso virtuoso che consenta una ridistribuzione coerente e corretta dei soggetti Covid-19 in tutte le strutture sanitarie che ne hanno capacità e mezzi».