MONTE ROBERTO – Avevano messo a segno una rapina all’ufficio postale di Pianello Vallesina, facendo irruzione col volto travisato e giubbotti catarifrangenti simili a quelle degli operai dei cantieri stradali, poco prima dell’orario di chiusura. Avevano abbattuto le porte blindate con arnesi da scasso, con una violenza tale che la direttrice e l’impiegata, che stavano ultimando le operazioni di chiusura a ufficio chiuso al pubblico, vedendo dalle telecamere l’azione criminosa, erano scappate da una porta posteriore in preda al terrore e temendo per la loro incolumità. I cinque erano riusciti a portare via 21.000 euro, denaro destinato a rifornire lo sportello bancomat e custodito nelle casse e in una cassettina metallica. Era il 26 settembre 2016.
In quell’occasione, proprio i giubbetti catarifrangenti e l’uscita in gruppo da un ufficio postale che doveva essere chiuso, aveva insospettito un cittadino che aveva allertato il 112 segnalando anche il modello e la targa dell’auto su cui i cinque si erano allontanati. Poco distante, nel parcheggio di un supermercato, avevano cambiato macchina salendo a bordo di un’altra auto che, dagli accertamenti poi condotti dai Carabinieri, era risultata essere stata noleggiata quattro giorni prima a Catania da una donna, residente a Catania.
La vettura era risultata essere partita dalla Sicilia e giunta in Vallesina a ridosso della rapina. Ricostruendo la rete dei legami sentimentali della donna, gli investigatori erano risaliti al compagno, un operaio catanese di 48 anni. Le indagini avevano poi portato a ricostruire i movimenti e gli altri componenti di quel sodalizio: un catanese operaio; un altro catanese all’epoca dei fatti parrucchiere residente nell’Anconetano e la sua ragazza jesina. I cinque erano stati indagati in concorso per rapina aggravata.
Lunedì il Tribunale Collegiale di Ancona presieduto dal giudice Francesca Grassi ha assolto quattro degli indagati per non aver commesso il fatto: la jesina, difesa dall’avvocato Giovanni Bonadies, era finita nell’indagine solo perché all’epoca del fatto conviveva con il catanese indiziato che, difeso dall’avvocato Giorgio Rossetti, ha dimostrato la sua estraneità. Assolti anche la donna che aveva noleggiato l’auto e l’altro siciliano.
L’unico a essere stato riconosciuto visivamente dal testimone e la cui posizione era più grave è stato il 48enne catanese. Il pubblico ministero Valeria Cigliola ha chiesto l’assoluzione per i quattro e il 48enne una condanna a 6 anni di reclusione, poiché aveva commesso il fatto col volto travisato da cappuccio e cappello e durante il periodo in cui era sottoposto alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. È stato condannato a 9 anni di reclusione, 2000 euro di multa e l’interdizione dai pubblici uffici. Si trova già rinchiuso in una casa circondariale nel nord Italia, per altri reati. Poste spa si era già costituita parte civile nel processo.