JESI – «Contrastare, nelle sedi più opportune e con gli strumenti più adeguati, il merito delle proposte in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e bigenitorialità perfetta ed alienazione parentale contenute nel DdL Pillon e suoi collegati, chiedendo conseguentemente l’immediato ritiro». È l’impegno, messo nero su bianco, che Agnese Santarelli di Jesi in Comune spera di far votare a tutto il consiglio comunale. L’esponente di minoranza ha infatti presentato un ordine del giorno (un atto simile a mozione ndr.), da discutere e mettere in votazione il 30 aprile, affinché la città di Jesi dichiari formalmente la propria contrarietà al controverso disegno di legge.
Questo DdL – spiega Santarelli – stato aspramente criticato dalle associazioni femministe, dalla rete dei centri anti-violenza, da molti avvocati e avvocate, psicologi e psicologhe che si occupano di diritto di famiglia ed anche dalle relatrici speciali delle Nazioni Unite sulla violenza e la discriminazione contro le donne perché considerato pericoloso e regressivo dalpunto di vista dei diritti delle donne e dei minori, frutto di un’idea maschilista della società e punitiva nei confronti delle donne. Tra gli aspetti più controversi di questa proposta, vi è la netta prevalenza del punto di vista patrimoniale ed economico degli adulti rispetto all’interesse primario dei figli e figlie minori trasformati da soggetti in oggetti, l’obbligo di ricorrere a mediazione professionale a carico delle parti, l’abolizione dell’assegno di mantenimento e del principio dell’assegnazione della casa familiare, la previsione di tempi paritari tra i genitori che non tiene conto delle differenze di genere esistenti, nonché l’istituzionalizzazione della c.d. alienazione parentale».
In particolare, prosegue la consigliera comunale di Jesi in Comune, «si prevede la mediazione obbligatoria e a pagamento quale strumento per rendere più complesso, lungo ed oneroso il procedimento di separazione, addirittura anche nei casi di violazione dell’art. 143 c.c. sui doveri coniugali e nei casi di violenza di genere, tra le più diffuse cause di separazione per volontà della donna».
Secondo Agnese Santarelli, dunque, che chiederà al consiglio comunale di assumere una posizione contraria, «il disegno di legge propone un arretramento culturale fortissimo e viene meno proprio alle raccomandazioni della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul Femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere del Senato che ritiene fondamentale un’attività di prevenzione che promuova un cambiamento culturale nei confronti della violenza di genere, anche favorendone l’emersione. Il ddl, al contrario, di fatto legge la sofferta denuncia della donna come strumentale al fine di ottenere migliori condizioni di separazione o al fine di allontanare i figli dal padre, finendo in sostanza per scoraggiare ed ostacolare le denunce stesse».