Il nuovo libro del Generale Piero Laporta, Raffica di bugie a via Fani, offre un’analisi approfondita e provocatoria su uno degli episodi più misteriosi e controversi della storia italiana: il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro. Laporta, forte della sua lunga esperienza nelle forze armate, si addentra nei dettagli di quell’agguato che, a più di quarant’anni di distanza, continua a sollevare interrogativi inquietanti. Il libro è stato presentato in Piazza delle Monnighette, nell’ambito della rassegna letteraria Humanitas, organizzata da Davide Zannotti e Cristiana Cacciani, titolari dell’Hemingway Cafè.
Un agguato “perfetto” con un esito sorprendente
Il 16 marzo 1978, in via Fani, un commando delle Brigate Rosse tese un agguato a Moro e alla sua scorta. Nonostante la precisione quasi chirurgica dell’operazione, con centinaia di colpi sparati in pochi secondi, Aldo Moro rimase miracolosamente illeso. Questo dettaglio, che Laporta evidenzia con particolare attenzione, getta un’ombra di sospetto sull’intera dinamica dell’attacco. Come è possibile che in un’azione così ben organizzata e letale, l’obiettivo principale sia uscito indenne, almeno in un primo momento? L’ex generale suggerisce che questo non sia stato un semplice colpo di fortuna, ma piuttosto un segno di una pianificazione più complessa e oscura, coadiuvata da organizzazioni esterne alle Brigate Rosse, e ipotizza la possibilità che Moro non fosse presente in Via Fani, ma prelevato in un momento precedente.
L’esplosivo nascosto e lo smarrimento del dossier Stay Behind
Nel corso del libro, Laporta rivela anche la presenza di un esplosivo nascosto in una Mini verde, parcheggiata vicino al luogo dell’agguato, notizia che sarebbe stata riferita dall’allora Procuratore capo di Roma. Questa scoperta, ignorata o minimizzata nelle versioni ufficiali, aggiunge un ulteriore strato di complessità al caso. L’esplosivo, mai utilizzato, poteva forse servire da diversivo per permettere la fuga dei sicari nel caso l’agguato non fosse andato secondo i piani.
Un altro elemento chiave che l’autore esplora è la misteriosa scomparsa del dossier Stay Behind, una rete segreta di resistenza contro un’eventuale invasione comunista, nota come Gladio. Questo dossier, che avrebbe potuto contenere informazioni cruciali sui collegamenti tra i servizi segreti e le Brigate Rosse, sparì misteriosamente proprio nei giorni successivi al rapimento di Moro. Il Generale suggerisce che la scomparsa del dossier non sia stata casuale, ma parte di un’operazione di copertura per proteggere determinate figure o strutture all’interno dello Stato.
Il doppio referto autoptico e le quattro costole rotte
Uno dei passaggi più controversi del libro è l’analisi del doppio referto autoptico effettuato sul corpo di Moro. Laporta sottolinea come nel secondo referto emergano dettagli inquietanti, tra cui la presenza di quattro costole rotte. Questo particolare, non evidenziato nel primo rapporto, solleva interrogativi sulle circostanze della morte di Moro e in particolare se queste lesioni siano state il risultato di torture o di un trattamento brutale durante la prigionia, o se vi siano state altre manipolazioni per nascondere la verità, denunciando quella che definisce una “raffica di bugie” costruite dalle istituzioni per occultare verità scomode. Egli mette in luce come, fin dal principio, le indagini siano state caratterizzate da omissioni, depistaggi e false piste, tutte mirate a proteggere interessi superiori e a mantenere un certo equilibrio di potere.
Un libro essenziale in una rassegna di successo
L’opera di Laporta rappresenta un contributo fondamentale per chiunque voglia andare oltre le versioni ufficiali del caso Moro e comprendere le dinamiche nascoste che hanno segnato uno dei momenti più drammatici della storia italiana. La rassegna letteraria Humanitas prosegue con successo, con un grande riscontro da parte di un pubblico appassionato di lettura e, soprattutto, curioso verso le inchieste coraggiose che mettono in discussione le versioni ufficiali dei grandi temi di attualità del nostro paese.