JESI – «Tra noi e questi territori c’è un grande rispetto reciproco. Non sono zone malate. Piuttosto c’erano persone malate che agivano su territori sani. Sono territori che presentano realtà bellissime che possiamo contribuire a far crescere. I risultati saranno la conseguenza del nostro modo di operare». Il riferimento è alle tre good bank acquisite da Ubi lo scorso mese di maggio, tra cui Banca Marche, e alle cause che hanno avariato i conti fino al dissesto, alla risoluzione da parte di Banca d’Italia e alla vendita al Gruppo Ubi. Chi parla è Osvaldo Ranica, ex direttore generale della Banca Popolare di Bergamo e attualmente presidente dei tre istituti di credito: oltre BdM, anche Banca Etruria e Carichieti.
Dalle colonne bergamasche del Corriere della Sera, Ranica ha tracciato un bilancio dei suoi primi cento giorni da presidente delle banche ponte. «Dopo tre mesi di lavoro – ha detto – non abbiamo riscontrato né dentro né fuori dalle banche problematiche particolari. Ci aspettavamo un periodo più lungo per il rientro alla normalità, ma la strada che stiamo facendo sta anticipando i tempi. I numeri, i tempi, le modalità operative e il transformation plan di tutta l’operazione stanno procedendo bene. E questo malgrado i tre sistemi operativi siano diversi in tutte e tre le banche e malgrado le persone che ci lavorano abbiano vissuto incertezze e una situazione da fallimento. La loro reazione e l’attivazione dei processi commerciali è positiva».
Il presidente Ranica ha confermato che il 23 ottobre prossimo Banca Marche e CariLo verranno fuse in Ubi, dando vita alla macroarea Abruzzo-Marche. Poi, l’ultima settimana di novembre toccherà ad Etruria e Banca Popolare dell’Alto Lazio, con Umbria, Lazio e Toscana che confluiranno nella macro area tirrenica. Il sud si staccherà dall’attuale macroarea centro-sud, con una propria area che, comprendendo Puglia, Basilicata, Molise e Calabria, avrà sede a Bari. «È una rimappatura territoriale – ha detto – dalle attuali 5 macro aree si passa a 7».