JESI – Belgrado, Jesi, Pesaro, Prato, Parma, Livorno, Viadana. Roma: qui domenica scorsa, con la maglia della società mantovana, ha preso parte al netto successo di Viadana sul campo della Lazio, valido per la massima serie nazionale del Top 10. E ha incrociato da avversario un amico e a lungo suo compagno di squadra a Jesi come Vittorio Santarelli, oggi in forza alla squadra capitolina. «Ma con Vittorio ci sentiamo spesso, non solo domenica scorsa- spiega Ratko Jelic, classe 2000, mediano di mischia del Rugby Viadana formatosi, da piccolissimo, nelle giovanili del Rugby Jesi ’70 – d’altro canto io e lui a Jesi e in tanti tornei abbiamo giocato per anni sempre insieme, almeno dalla Under 9 fino alla 14».
Ratko Jelic è un altro volto emergente del rugby nazionale che Jesi conosce bene e può seguire con orgoglio. Al campo di via Mazzangrugno il primo Jelic è stato Vladimir, suo papà. «Il mio babbo e la mia mamma sono venuti a Jesi da Belgrado principalmente proprio perché lui era stato chiamato a giocare con la squadra. E io, sin da piccolo, ho iniziato a stare lì al campo, sempre con mio padre, e a giocare. Sono cresciuto da bambino fra gli allenamenti della prima squadra e i miei. Conosco tutti. C’erano ancora le Under dispari e ho iniziato a giocare con Vittorio dalla 9. E poi, dato che allora erano pochi i bambini per avere una squadra, sempre insieme andavamo a partecipare ai tornei aggregati alle altre formazioni. L’anno scorso, sapendo che le sue scelte di studio lo avrebbero portato a Roma, non facevo altro che dirgli che avrebbe dovuto provare a entrare nella Lazio, sono contento di avercelo ritrovato. Abbiamo chiacchierato un poco prima e durante la partita, prima del mio ingresso in campo nel secondo tempo. È andata bene a noi, che abbiamo fatto 50 punti e preso il bonus. Loro sono una squadra giovane e ultimi in classifica, non erano certo favoriti».
A Viadana, Jelic è arrivato in questa stagione. «Dopo il minirugby sono passato a Pesaro, poi sono arrivate le chiamate dell’Accademia federale e delle rappresentative nazionali: Under 17, Under 18 e poi Under 20 dove purtroppo non ho potuto disputare alcuna partita, perché è arrivato lo stop a causa della pandemia. Ora sono a Viadana, mi trovo davvero bene e so di essere fortunato, per avere la possibilità di continuare a giocare e a fare quello che mi piace». Un passaggio importante nel percorso di crescita del giovane mediano di mischia. «È come costruire un muro, mattoncino dopo mattoncino. Non c’è un passo più importante dell’altro, tutti gli sforzi hanno contribuito al risultato. Certo, mi rendo conto che questa che sto vivendo è una stagione che conta molto: sono in una squadra d’eccellenza e in club storico come Viadana e sto giocando partite importanti, ora sto sentendo che tutti gli sforzi fatti sono serviti».
Resta forte il legame con Jesi. «Quando torno cerco sempre di passare al campo. E mi fa piacere vedere ogni volta come tutto sia cresciuto e migliorato nel tempo. La struttura è raddoppiata rispetto a quindici anni fa, è stato costruito qualcosa di importante. Sento un forte senso d’appartenenza, è fondamentale ricordare da dove vieni». Ed è fondamentale tenere duro in periodi critici come l’attuale. «Noi siamo fortunati, tanti si sono dovuti fermare. L’unica cosa che mi sento di dire è che il rugby, se lo impari a conoscere, poi diventa uno stile di vita e non solo uno sport. Mi dispiace tantissimo per i bambini, l’augurio è di non mollare e non farsi scoraggiare».