Jesi-Fabriano

Resistenza al femminile. Ecco la storia di Letteria Belardinelli

Silvia Barocci è autrice di una monografia su questa straordinaria jesina, prima dirigente donna del locale Cln-Comitato di Liberazione Nazionale e poi prima assessora del Comune di Jesi. La sua intervista

il Comune di Jesi
Comune di Jesi

JESI – Nata in una poverissima famiglia di Jesi nel 1889, Letteria Belardinelli fu una delle prime studentesse donne di Ca’ Foscari a Venezia, dove ottenne la laurea in Ragioneria nel 1913. Docente per oltre trent’anni all’Istituto Cuppari di Jesi, fu una convinta repubblicana e una ostinata antifascista, pagando caro il prezzo della propria ostilità al regime. Durante la Resistenza partecipò attivamente alla guerra di liberazione, figurando come l’unica dirigente donna del locale Cln-Comitato di Liberazione Nazionale. La ricostruzione segnò il congedo dalla scuola e l’inizio della politica da amministratrice, per un decennio come consigliera, successivamente come assessora, la prima donna, al Comune di Jesi. Letteria Belardinelli morì nel 1968, lasciando tutta la sua

eredità agli Istituti Riuniti di Beneficenza.

Letteria-Belardinelli
La copertina del libro

“Resistenze possibili: Letteria Belardinelli, un caso jesino” è la monografia scritta da Silvia Barocci. Come è nata l’idea di scrivere questo libro?
«Il libro è un’idea del Centro studi marchigiano di Jesi che voleva riscoprire la figura di Letteria, caduta di fatto nel dimenticatoio dopo la sua scomparsa nel 1968. Il Centro mazziniano ha chiesto al professor Marco Severini dell’Unimc di fare una ricerca su Letteria. Severini è stato mio docente all’Università: ci siamo ritrovati insieme nell’Associazione di Storia Contemporanea di cui è presidente e ha proposto a me di seguire il lavoro».

Cosa ti ha colpito di più della storia di Letteria Belardinelli? 
 «Letteria è stata una “prima donna” sotto molto punti di vista: fu una delle prime donne a ottenere un diploma al Cuppari e, nel 1913, a laurearsi a Ca’ Foscari; successivamente, vinse la cattedra di Ragioneria, a quel tempo una disciplina da uomini. Fu tra le prime elette in Consiglio comunale e in assoluto la prima assessora del Comune di Jesi. La cosa che mi ha più colpito della sua Resistenza è che ricevette uno sfregio proprio in quanto donna, libera e anticonformista: nell’autunno del 1943 la sua abitazione di via Piccitù venne requisita e trasformata in una casa di tolleranza per i tedeschi. E finita la guerra lei, proprietaria di numerosi altri immobili nella zona, la fece ripulire, ridipingere e tornò ad abitarci. Anche il lascito milionario che fece alla Casa di riposo, fu un gesto simbolico: è vero che negli anziani ospiti dell’istituto rivedeva la sua amatissima mamma Lucia, ma quello stesso edificio era stato requisito e adibito, durante la Resistenza, a ospedale militare del comando tedesco, mentre gli anziani erano stati trasferiti altrove. Alla Casa di Riposo era toccata la medesima sorte della sua casa: lasciare tutto a quell’istituto per lei significava “dare” proprio a chi il nazifascismo aveva tolto».
Letteria Belardinelli partecipò attivamente alla Resistenza, poi l’inizio della vita amministrativa. Nel libro hai raccolto la testimonianza di chi ha lavorato a stretto contatto con lei, Vittorio Massaccesi, come viene ricordata?
 «Si, Letteria partecipò attivamente alla Resistenza da partigiana e fu anzi l’unica dirigente donna del Cln della Vallesina. Viene ricordata per la sua moralità intransigente e per la sua severità. A me piace ricordarla per questo suo modo intelligente di resistere ai soprusi di ogni tipo, senza mai dare troppo nell’occhio: tante piccole “piccate” indirizzate ai caporali di turno».
Recentemente si è parlato di toponomastica in città e della possibilità di inserire nomi femminili. Tra le ipotesi avanzate c’è proprio quello di Letteria Belardinelli. Che ne pensi?
 «Via Letteria Belardinelli esiste già, ma è così ben nascosta, infatti sul cartello c’è solo l’iniziale del nome, che nonostante sia sede di uno dei più grandi negozi di abbigliamento della zona, pochi sanno dove si trovi. Il Centro studi marchigiano ha proposto di intitolarle una scuola: credo che sarebbe un “ritorno a casa” perfetto, perchè lei credeva profondamente nel potere democratico dell’istruzione».
La vita della jesina è un monito per la società civile a prendere posizione, ad assumersi la responsabilità di cambiare le cose. Sei d’accordo?
 «La lezione di Letteria insegna che la politica è il dovere di ogni cittadino e che va vissuta in maniera critica e profonda. Ma il cambiamento ha bisogno di tempo e passa attraverso l’educazione».

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