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La salamora, tipicità di Belvedere Ostrense: un condimento da riscoprire

Tipica della tradizione contadina, è a base di olio novello aromatizzato. Un team di esperti, insieme a Coldiretti Ancona, la sta riscoprendo e facendo conoscere alla popolazione locale. Ce ne parla l’imprenditore agricolo Pierluca Federici

La salamora di Belvedere è una tipicità locale che la Regione Marche, insieme al Comune di Belvedere Ostrense, Coldiretti e un gruppo di esperti di enogastronomia, alimentazione e storia locale, stanno riscoprendo e valorizzando. Si tratta di un condimento a base di olio novello aromatizzato con finocchio selvatico, bucce d’arancia e aglio.

Già nel 2012 Coldiretti aveva organizzato un incontro su questo prodotto. Alla salamora è stato poi dedicato di recente, su iniziativa di Coldiretti Ancona, lo scorso novembre, “Vecchi Sapori d’Autunno”, tradizionale manifestazione che coinvolge le osterie belvederesi. Impegnate quest’anno nel proporre originali abbinamenti culinari con la salamora (condimento autunnale), si sono avvalse della professionalità di esperti agrichef.

Ci parla dell’iniziativa e di questo prezioso prodotto tipico marchigiano Pierluca Federici, imprenditore agricolo che cura tutta la filiera olivicola presso il suo frantoio e la sua azienda biologica “L’acino verde” di Belvedere Ostrense, nonché produttore della salamora.

Com’è nata la sua volontà di riscoprire la salamora di Belvedere?
«È nata anche su sollecitazione della Regione Marche, che cercava antichi prodotti tipici che erano stati messi da parte. L’interesse da parte mia è stato ulteriormente stimolato dai racconti delle persone. Soprattutto grazie a fonti orali (a tutt’oggi non esistono documenti scritti sulla salamora, ndr) abbiamo ricostruito l’antica ricetta contadina, che è stata rimessa in essere. Grazie a questo lavoro, la salamora è oggi una tipicità di Belvedere ripresa in mano dall’amministrazione comunale e dalla Pro Loco, per riportarla all’interesse dei consumatori».

Come si prepara la salamora?
«Questa è la preparazione: si mette a macerare l’olio novello con finocchio selvatico, bucce d’arancia e spicchi d’aglio in percentuale. Viene poi tenuto in posa circa 20-30 giorni, poi si tolgono le parti di finocchio, aglio e bucce d’arancia e, infine, si imbottiglia».

Come viene reinterpretata la ricetta oggi, rispetto alla tradizione?
«La salamora è dei primi anni del ‘900. A me personalmente l’ha fatta riscoprire mia nonna, nata nel 1906. Mi spiegava che questo condimento serviva a riutilizzare il vecchio olio avanzato dall’anno prima, parte qualitativamente meno importante, conservata in orci e damigiane. Si riusava soprattutto nel periodo estivo, durante la trebbiatura e la battitura (era tutto manuale allora e, in occasione di questi lavori, venivano coinvolte molte persone). Oggi invece la salamora non è più un prodotto “di recupero“, ma di valorizzazione: si adopera l’olio novello, per esaltarne al massimo il gusto. E ci si avvale della collaborazione tra imprenditori agricoli, studiosi del territorio e chef».

Con quali piatti può essere abbinata?
«Secondo la tradizione è perfetta sul coniglio in porchetta, che è l’abbinamento più adatto e rispettoso degli antichi usi, ma in generale sta bene su tutti i piatti di carne. Inoltre, all’evento “Sapori d’Autunno” (a Belvedere Ostrense lo scorso novembre, ndr), è stato piacevole assaggiarla negli abbinamenti proposti dagli chef, con molteplici tipi di piatti. Ad esempio sulla bruschetta».

La Salamora di Belvedere, realizzata dall’azienda agricola biologica L’acino verde di Pierluca Federici

Come ha reagito all’assaggio la popolazione locale?
«In tanti prima non sapevano della sua esistenza. Altri la conoscevano in modo totalmente diverso, confondendola ad esempio con le olive in salamoia, che sono tutt’altro tipo di prodotto. C’è stata quindi una riscoperta anche da parte degli abitanti di Belvedere e dintorni. Prima d’ora le cantine vitivinicole di Belvedere già da anni commerciavano la salamora, ma si trattava di una divulgazione minima. La kermesse “Vecchi Sapori d’Autunno” e questo lavoro d’équipe che stiamo svolgendo sono dunque anche un veicolo di conoscenza, una cassa di risonanza per la nostra tipicità».