JESI – “Lo Iom si colora di rosa”. È questo il titolo del nuovo progetto dell’associazione Onlus di Jesi e Vallesina da sempre impegnata nell’assistenza e la cura dei malati oncologici. Un pool di professionisti costituito da una dermatologa, una dietologa, una psicologa e un’estetista oncologica formata dalla regione Marche si prenderanno in carico le donne che sono in trattamento.
Partirà poi a gennaio lo yoga-terapia e un salotto con corsi di tango e di teatro. Sede provvisoria sarà l’aula formazione dell’ospedale Murri di Jesi e le iscrizioni partiranno sin da sabato 9 novembre, quando verrà presentata la proposta a tutta la cittadinanza jesina in una conferenza pubblica a Palazzo dei Convegni, sin dalle ore 9.
Altra importante novità, nata dall’esigenza e dalla richiesta del reparto di oncologia, è la cordata di sensibilizzazione alle aziende per raccogliere fondi per l’acquisto di un casco refrigerante che verrà messo a disposizione delle pazienti oncologiche presso l’oncologia dell’ospedale di Jesi. Spiega Maria Luisa Quaglieri, co-responsabile Iom: «Quando si perdono capelli, sopracciglia e ciglia la persona cambia totalmente. Questo casco darà la possibilità di gestire due persone insieme, impedendo la caduta dei capelli delle pazienti che fanno la chemioterapia».
Si tratta di un macchinario del costo di 35mila euro, lanciato come progetto per tutta la comunità, da un’idea della nuova associazione Soroptimist.
Anna Quaglieri, responsabile Iom Jesi e Vallesina, in sede di conferenza stampa (che si è svolta questa mattina, mercoledì 6 novembre), ha dedicato un pensiero soprattutto all’importante team di volontari, psicologa e giovani infermieri che lo Iom ha creato negli anni. E ha detto: «Lo Iom non cura il malato terminale, ma chiunque abbia una patologia oncologica anche transitoria. Seguiamo più donne che uomini, sempre più giovani, soprattutto nella fascia dai 45 ai 58 anni, in particolare con tumore al pancreas e all’intestino. Seppur con carenza di personale, negli anni abbiamo raffinato il servizio, seguendo quelli che ad oggi sono 286 pazienti. Senza i volontari questo non sarebbe possibile».