Jesi-Fabriano

L’Odissea senza fine di Santiago, caduto da un ponte in Thailandia: il Tribunale del Malato con il padre per riportarlo in Italia

Il ragazzo, 29enne jesino, di professione animatore turistico, è caduto per 8 metri riportando fratture alle vertebre. Il sospetto del padre è che l'abbiano buttato giù, ma nessuna inchiesta è stata aperta

Santiago Loccioni

Sembra essere senza fine l’Odissea di un giovane animatore jesino di 29 anni, Santiago Loccioni, bloccato in Thailandia dove si trovava per lavoro. Il ragazzo è attualmente ricoverato in una clinica a Chiang Mai dove era stato portato nottetempo da un uomo che lo aveva rinvenuto esanime al di sotto di un ponte. Santiago infatti era caduto da un viadotto alto otto metri.

Miracolosamente vivo, ha riportato serie lesioni alle vertebre del collo e la frattura del bacino, rischia di restare paralizzato. Il padre Marcello che vive a Jesi, non si capacita di come sia potuto accadere. Sospetta che quella caduta non sia accidentale, che due uomini thailandesi con i quali il figlio si trovava in macchina la sera del 20 giugno lo abbiano scaraventato fuori dalla macchina e buttato giù dal viadotto. Nessuna indagine, nessun intervento della Polizia di quei luoghi a ricostruire quella maledetta notte che ha cambiato per sempre la vita di Santiago. Un uomo l’ha trovato esanime sotto al ponte, lo ha portato in ospedale lasciandolo fuori dalla porta del servizio emergenze e poi si è dileguato. Non è chiaro neppure quanto tempo sia trascorso tra la caduta e il ritrovamento, per quanto tempo Santiago sia rimasto al suolo prima di avere soccorso dallo sconosciuto. Inizialmente a cercare di aiutare Santiago è stato il fratello Diego, che vive in Svizzera con la madre. Ha promosso una raccolta fondi sul noto portale di crowfounding “Gofoundme” al link “aiutiamo Santiago” con cui sono stati raccolti 32.000 euro per sostenere le spese mediche.

Santiago in una bella immagine durante la sua esperienza di animatore

A rendere difficoltoso il rimpatrio del ragazzo, anche il lockdown per via del Covid, che ha impedito anche il viaggio dei parenti verso Chiang Mai. «In quella clinica a stento qualcuno parla la sua lingua. Le cliniche thailandesi se non ricevono versamenti anticipati per le analisi e le cure, non offrono nessun tipo di cura», lo sfogo del fratello maggiore Diego.

Infatti Santiago – già sottoposto a un primo intervento, il 2 luglio, durato ben 12 ore, avrebbe dovuto fare della riabilitazione, cui però non è stato sottoposto. E’ praticamente rimasto immobile a letto. Poi un secondo intervento, ma forse dovrà sottoporsi a un terzo. Le sue condizioni sono gravi, poi è solo. Ha soltanto un amico, conosciuto in Thailandia, che si sta prendendo cura di lui e che tiene i contatti con la famiglia e gli amici. Una persona d’oro.

La famiglia si era rivolta al Ministero, alla Farnesina alle più alte cariche politiche, ma niente: nessun aiuto per riportare Santiago in Italia. Poi la svolta, inaspettata. Quella richiesta d’aiuto al Tribunale per i Diritti del Malato di Jesi. «Quest’uomo poverino è disperato – ci racconta il presidente Pasquale Liguori – ha bussato a tutte le porte senza trovare una soluzione per riportare il figlio in Italia e farlo curare qui. A rendere impossibile il trasferimento è la burocrazia thailandese, serve una richiesta di ricovero urgente in un ospedale italiano. Così, tramite il primario della Neurochirurgia dell’ospedale regionale di Torrette Roberto Trignani – che ha esaminato le cartelle cliniche rigorosamente in inglese pur essendo in ferie – siamo riusciti a trovare la strada giusta. Il primario ha dato disposizioni di accogliere Santiago a Torrette, lunedì partirà la richiesta di ricovero urgente a Torrette. A quel punto potrò chiamare il console e organizzare il rimpatrio».

Santiago alla clinica di Chiang Mai (immagine messa a disposizione dal fratello Diego)

Improvvisamente, come a effetto domino, Ministero, Farnesina, Consolato e Prefettura hanno avviato l’iter necessario per far tornare Santiago a casa. Ma sembra un’Odissea davvero per questo sfortunato giovane: nelle sue condizioni di salute dovrebbe viaggiare in ambulanza per 10 ore prima di poter raggiungere l’aeroporto thailandese. Una volta imbarcato, dovrebbe far scalo all’aeroporto di Milano Malpensa dopo quasi altre 12 ore di volo. Ma da Milano dovrebbe poi raggiungere Ancona. «Ieri mattina ho inviato una lettera a Ceriscioli – continua Liguori – per avere un elicottero, un’eliambulanza che garantisca il trasferimento di Santiago da Milano a Torrette in tempi brevi e in condizioni idonee al suo stato di salute. Ha delle lesioni alle vertebre, una condizione delicatissima anche per gli spostamenti. E’ nostro dovere aiutarlo, è un ragazzo ed è nostro concittadino». Appena arrivato a Torrette dovrà essere sottoposto a una risonanza magnetica per valutare l’entità delle lesioni, lo step successivo sarà contattare il centro di riabilitazione Santo Stefano per individuare la migliore terapia riabilitativa. «E’ un percorso lungo e a ostacoli ma ce la faremo – conclude Liguori – credo che non solo le persone tramite il crowfounding ma anche il Comune di Jesi avrebbe dovuto attivarsi per dare una mano, non l’ha fatto. Bene, faccia qualcosa ora».