JESI – Negli scavi di Piazza Colocci sono due gli elementi di novità: venerdì prossimo, 20 ottobre – sempre tempo permettendo – sarà effettuato il laser scanner sull’intero sito archeologico; la Telecom ha acconsentito alla rimozione del cavo – avvenuta un paio di giorni fa – che tagliava diagonalmente gli stessi scavi. Cavo che è ricoperto di piombo ed emana anche un forte odore di catrame.
«Così siamo riusciti a togliere la terra – ha spiegato l’archeologo Matteo Tadolti – e stiamo ripulendo tutto dopo lo stop di un mesetto, proprio in vista della scansione laser di venerdì».
A quel punto «noi saremo a posto e la questione passerà in mano a Comune e Soprintendenza che stanno decidendo il da farsi: chiudere o lasciare alla vista quanto emerso».
Il rilievo tridimensionale, che durerà probabilmente per l’intera giornata, sarà eseguito dalla “Perigeo Solution” di Castelraimondo, il cui amministratore è il geologo jesino Daniele Stronati.
Sarà utilizzata un’apparecchiatura di ultimissima generazione – fanno sapere dalla società – in grado di generare una nuvola di punti ad altissima precisione con la possibilità di associare a quest’ultima l’informazione del colore registrata da una fotocamera digitale integrata.
I professionisti al lavoro opereranno in due distinte fasi «la prima sarà di acquisizione dei mass data georeferenziati, quindi seguiranno le operazioni di post-elaborazione per la ricostruzione e l’esatta riproduzione di tutte le strutture architettoniche del quartiere medioevale rinvenuto nei pressi del palazzo della Signoria di Jesi».
L’obiettivo è la conservazione storica attraverso un’accurata copia digitale tridimensionale di tutta l’area interessata dagli scavi.
«In queste ore stiamo lavando tutti i materiali ceramici – spiega ancora Tadolti affiancato dall’altro archeologo, Alessandro Biagioni -, quindi gli stessi vanno spazzolati, non si possono lasciare sporchi di terra. Altrimenti non possiamo consegnarli in Soprintendenza. Questa è la procedura».
Vetro, ossa e metalli, invece, vanno lasciati dove sono, ci penseranno i restauratori. Stamattina, 18 ottobre, su un tavolino erano sparsi i reperti ceramici i quali, a mano a mano che si asciugavano, venivano imbustati e probabilmente conservati in un vicino magazzino in attesa di prendere la strada verso Ancona.
«Avevamo provato a fare un ultimo saggio di scavi – dice ancora Tadolti – un mesetto fa, al centro, perché esiste una pianta catastale dove viene descritta una cavità che va da Palazzo Bisaccioni a Palazzo della Signoria. Volevamo provare a trovarla ma non ci siamo riusciti perché evidentemente si trova a 8-9 metri di profondità e noi non possiamo arrivarci».