Jesi-Fabriano

Sciame sismico nelle Marche, il punto con il geologo Dignani

L'esperto: «Questo terremoto è una manifestazione della contrazione in atto tra la catena appenninica per la compressione della placca africana su quella europea»

Le faglie attive

JESI – La terra continua a tremare. Dopo le due intense e ravvicinate scosse di terremoto di ieri mattina sono state registrate numerose repliche, la più forte delle quali è avvenuta oggi alle 13.35. Cosa sta succedendo? «Il terremoto del 9 novembre davanti alla costa marchigiana tra Fano e Senigallia, con magnitudo Ml 5.7 (Mw 5.5) – spiega il geologo Andrea Dignani -, rientra nella sismicità locale abbastanza frequente e a volte rilevante tipica della costa tra Marche e Romagna».

«Questo terremoto – sottolinea Dignani – è una manifestazione della contrazione in atto tra la catena appenninica per la compressione della placca africana su quella europea, che evolve spostandosi verso nord-est, e l’area balcanica, in cui è in atto un movimento simile ma opposto, con spinta verso sud-ovest. In tal senso questo terremoto somiglia molto agli eventi del 20 e 29 maggio 2012 in Emilia, sapendo anche che l’Adriatico è in qualche misura il proseguimento del bacino padano verso sud-est. Questo movimento tettonico si esprime nel centro Italia con fenomeni distensivi con faglie dirette, come i terremoti del 2016-17 nella zona appenninica. Ma i fenomeni possono essere anche di carattere compressivo con faglie inverse, come il terremoto del 9 novembre nella zona adriatica».

«Il terremoto del 9 novembre – precisa ancora il geologo – è avvenuto in un’area dove è stato individuato un sistema di faglie sismogenetiche con cinematica inversa che corre parallelo alla costa marchigiana e romagnola, mediamente a 25-35 km dalla costa stessa. Questo sistema è mappato nel DISS (Database of Individual Seismogenic Sources, https://diss.ingv.it) come una Sorgente Composita (Composite Source) con il codice ITCS106. Altri due sistemi paralleli alla costa sono rispettivamente ITCS043, posto pochi chilometri al largo di Senigallia (AN), Fano (PU) e Pesaro, e ITCS032, che corre lungo la costa stessa tra Ancona e Gabicce (PU). I tre sistemi di faglie pendono verso sud-ovest con un angolo compreso tra 25° e 45°. Nel DISS l’ultimo dei tre sistemi è ritenuto responsabile dei forti terremoti di Rimini del 1916, di San Costanzo del 1924, e di Senigallia del 1930».

Cosa può succedere ora? Impossibile dirlo in quanto i terremoti non possono essere previsti. Secondo Claudio Chiarabba, direttore del dipartimento terremoti dell’Ingv, Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, «l’energia liberata dalle scosse di ieri potrebbe attivare delle faglie vicine, magari verso la costa. In Emilia Romagna nel 2012 ci fu una prima scossa il 20 maggio, seguita da un terremoto altrettanto forte 9 giorni dopo. Il meccanismo sismico di allora, di tipo compressivo, è lo stesso di oggi. Il rischio diminuisce col passare del tempo, ma è ancora presto per escludere che altre faglie si attivino».