JESI – Sono passati cinque lunghi mesi da quando si sono perse le tracce di Andreea Rabciuc, la 27enne di origini rumene scomparsa il 12 marzo scorso dopo una festa in una roulotte sulla Montecarottese. Era col fidanzato Simone Gresti (attualmente unico indagato per sequestro di persona), con l’amica Aurora e con Francesco, proprietario della roulotte. Una notte burrascosa, poi la ragazza che secondo quanto detto dai presenti, si sarebbe allontanata a piedi sulla Montecarottese in direzione Jesi. Niente cellulare, lo aveva il fidanzato. Nessuna traccia, dunque, da quella notte. Non sono serviti a nulla gli appelli della madre Georgeta a “Chi l’ha Visto?”, la foto rimbalzata sui social e in tv, sui giornali e sui cellulari.
Tante le segnalazioni finite con un buco nell’acqua. L’indagine relativa alla sua scomparsa va avanti, sotto il coordinamento della Procuratrice Irene Bilotta. Bocche cucite da parte degli investigatori dell’Arma di Jesi, che continuano a cercare riscontri con discrezione. Nei giorni scorsi si è tenuta un’altra riunione in Procura per discutere di questo caso, ma sull’esito vige il massimo riserbo. Dopo cinque mesi, ancora in piedi sia l’ipotesi dell’allontanamento volontario che quello della disgrazia. Non vi sono al momento riscontri oggettivi né per l’una, né per l’altra. Gli accertamenti tecnici eseguiti dal perito informatico della Procura Luca Russo non sono stati ancora depositati, nessuno dei devices di Simone o della stessa Andreea è stato restituito. Significa che gli investigatori informatici stanno ancora scandagliando il mondo del web, frequentatissimo dalla ragazza.
Ci vuole forse più tempo, ma questo silenzio pesa sul cuore di chi la ama, come la mamma che più volte ha chiesto a chiunque abbia notizie, di farsi coraggiosamente avanti. Ma non è emerso nulla di nuovo. A settembre, sei mesi dopo l’apertura del fascicolo sulla scomparsa di Andreea, si arriverà a una svolta: o la chiusura delle indagini preliminari o la proroga di ulteriori sei mesi.
«Attendiamo l’esito delle indagini dei Carabinieri – dichiara l’avvocato Emanuele Giuliani, difensore di Gresti – poi valuteremo eventuali passi difensivi. Certo, è un momento difficile. Non ci siamo risparmiati, neppure questa estate, lavorando in silenzio insieme ad Andrea Ariola dell’agenzia Investigativa che ci affianca come consulente. Ci sono arrivate segnalazioni, qualcuno che diceva di averla vista viva in una certa zona: informazioni che avevano riacceso la speranza e che ci hanno spinto a cercare riscontri con appostamenti e verifiche sul posto. Ma niente, non erano fondate. Altre piste sono apparse subito false, in questo caso così spinoso non sono mancati i tentativi di depistaggi, i mitomani. Cinque mesi sono tanti… ad oggi le indagini tecniche non sono state depositate, a Simone non è stato restituito nulla di quanto sequestrato (cellulari, computer, due giubbotti e l’Audi, ndr.) pertanto credo che siano ancora in corso degli accertamenti. Aspettiamo, non possiamo fare altro». Intanto Simone Gresti è tornato a lavorare a metà luglio, nonostante l’accusa sospesa di sequestro di persona.