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Sindacati ad Ubi: «No alle esternalizzazioni»

A Bergamo la trattativa sul piano industriale di Ubi in vista dell'integrazione delle tre banche Marche, Etruria e Chieti. I sindacati dicono no alle esternalizzazioni e chiedono garanzie per tutti i lavoratori e soluzioni condivise per la gestione degli esuberi

Ubi-Bpa Centro Esagono
Ubi-Bpa Centro Esagono

Prosegue a Bergamo la trattativa tra sindacati e Ubi Banca per l’aggiornamento del Piano industriale fino al 2020, nel nuovo perimetro che il gruppo sta acquisendo con le tre banche in risoluzione (B. Etruria, B. Marche e Carichieti). In una nota congiunta, le sigle Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Ugl, Uilca-Uil e Unisin fanno sapere che “considerata la complessità del Piano e la difficoltà ad individuare nel dettaglio tutte le soluzioni volte a limitare le ricadute sui dipendenti di un progetto che si articolerà in un arco temporale ampio (fino al 2019/2020), il nostro obiettivo è addivenire ad un accordo quadro che definisca le linee guida degli interventi nel rispetto dei diritti dei lavoratori”.

I principali temi sul tavolo sono i livelli occupazionali e gli esuberi, la mobilità territoriale e professionale, la contrattazione di secondo livello, un nuovo modello di distribuzione della rete e le sue ricadute. Da parte loro, le sigle si dicono «disponibili a valutare soluzioni di riduzione del costo del lavoro e dei livelli occupazionali esclusivamente caratterizzate dalla volontarietà nell’adesione agli strumenti adottati (quali l’accesso al Fondo di solidarietà di settore e il ricorso alle giornate di congedo straordinario) e con l’esclusione di qualsiasi ipotesi di esternalizzazione. Andrà comunque garantito il mantenimento di adeguati livelli occupazionali in tutti i territori anche attraverso il contenimento del numero degli esuberi dichiarati. Il vertice ha sempre dichiarato che l’operazione rappresenta una grande opportunità: ora lo dimostri nei fatti senza pensare di scaricarne il costo sui dipendenti».

Nel suo piano industriale, il gruppo bergamasco ha annunciato la riduzione del 13% dei dipendenti, dagli attuali 22.518 a 19.505, con 3.013 bancari in eccedenza, di cui 1.569 nei tre istituti di nuova acquisizione (Marche, Etruria, Chieti). Gli esodi volontari e incentivati attraverso il fondo di solidarietà riguardano l’uscita di  2.173 bancari, di cui 1.832 già spesati sul 2016 e oggetto di accordi sindacali (1.300 per Ubi, 532 per le tre bridge banks). Tirando la riga sulle eccedenze, e al netto di uscite fisiologiche dettate da pensionamenti o dimissioni, all’appello mancano ancora 1.318 posizioni per cui si stanno cercando soluzioni.