Jesi-Fabriano

Soteria, 25 anni di laboratorio permanente

La comunità terapeutica jesina compie 25 anni e invita la città a festeggiare insieme, il prossimo 21 giugno, nel giardino della casa-alloggio

Gilberto Maiolatesi, direttore Comunità Terapeutica “Soteria” e Diego Mancinelli presidente COOSS Marche.

JESI – Ha spento le sue 25 candeline il 3 maggio la Comunità Terapeutica “Soteria” di via Tabano 51 a Jesi, ma la grande festa di compleanno sarà il prossimo 21 giugno nel corso della tradizionale festa d’estate, nel giardino della casa alloggio. Una festa aperta a tutti. Hanno parlato di traguardi, di passi lenti e di integrazione con la città sia  Gilberto Maiolatesi, direttore Comunità Terapeutica “Soteria” Jesi, che Diego Mancinelli presidente COOSS Marche.
Dal 1999, Soteria ospita persone con disagio psichico, in una struttura dal cancello d’ingresso sempre aperto, simbolo della sua natura antipsichiatrica, perché, raccontano nella comunità, «la libertà è terapeutica». La frase di David Cooper “Ricordo di aver pensato che gli schizofrenici sono i poeti strangolati della nostra epoca. Forse per noi, che dovremmo essere i loro risanatori, è giunto il momento di togliere le mani dalle loro gole”, rappresenta la realtà che si interfaccia quotidianamente con gli operatori.

«Con questa frase di David Cooper – spiegano dalla comunità – abbiamo a che fare ogni giorno, quando iniziamo il nostro lavoro di terapeuti e di operatori psichiatrici. Le nostre radici partono da lontano e il nostro modo di intervenire oggi e la storia e i perché del progetto e del Servizio “Comunità Soteria”, forse hanno a che fare con la storia del movimento antipsichiatrico e anti istituzionale in Italia, a cominciare dalla Riforma psichiatrica e dalla cosiddetta “rivoluzione basagliana”. Il nostro orizzonte ideale, che ha determinato e determina l’intervento terapeutico quotidiano, si colloca in piena continuità con quello storico movimento che negli anni ‘60-’70 ha criticato, combattuto e vinto le logiche custodialistiche e le istituzioni manicomiali».

La Legge 180, è stato lo strumento legislativo che ha permesso, nel lontano 1978, il progressivo smantellamento degli ospedali psichiatrici e l’inizio di una nuova epoca per la sofferenza psichica. «Si stava abbattendo una delle più vergognose e violente opere del genere umano: i manicomi, che andavano chiusi, e in alternativa aperti luoghi di “cura” e di socialità, dove l’agire terapeutico si coniugava, e si coniuga, con la battaglia per i diritti di cittadinanza, contro lo stigma sociale e il pregiudizio. Soprattutto per questo, un elemento fondamentale del nostro agire è il rapporto con il sociale, con la città: l’intervento socioriabilitativo dentro la nostra realtà territorialeSoteria inizia la sua attività con il cancello all’entrata lasciato simbolicamente rotto e quindi sempre aperto».


Il 3 maggio 1999 Soteria nasce come Struttura socioriabilitativa di tipo residenziale convenzionata con AST e gestita direttamente dalla Cooperativa sociale COOSS Marche. Accoglie 12 pazienti affetti da diverse patologie psichiatriche con evidenti difficoltà nella sfera relazionale e un basso livello d’autonomia, con una significativa potenzialità evolutiva e capacità di recupero a livello relazionale e sociale.
L’istaurarsi di rapporti “affettivi” significativi tra pazienti e tra paziente e operatore rappresenta il primo vero elemento terapeutico. Il “fare insieme” permette di sperimentare comportamenti più adeguati e nel frattempo il riemergere di fattori motivazionali assopiti, interrompendo la spirale dei fallimenti.

Il dispositivo Multifamiliare e il progetto “Malati di Niente” 
L’esperienza dell’Assemblea Terapeutica Multifamiliare (AMF) nasce all’interno della Comunità Alloggio “Soteria” di Jesi nel settembre del 2000, esattamente dopo un anno dall’apertura della Comunità, grazie agli stimoli provenienti dalla supervisione clinica condotta dal professor Alfredo Canevaro. La prima esperienza su tutto il territorio della vecchia ASL 5. L’AMF nasce soprattutto per il bisogno dell’equipe di definirsi, di trovare un percorso costituente identitario, tenendo in considerazione una naturale “vocazione antipsichiatrica” della Comunità. Gli operatori si sentivano troppo isolati e “chiusi” oltre il cancello della Comunità, lontani dal tessuto urbano jesino. Questo portò al bisogno di uscire e di scendere dal colle in cui è situata la Struttura ed entrare all’interno della Città (nelle piazze, negli spazi di aggregazione, nelle scuole…) con progetti di promozione della salute mentale. Nel settembre del 2000, insieme al dispositivo dell’Assemblea multifamiliare, prende il via il progetto della Rassegna “Malati di Niente”. Un gruppo di operatori della Comunità “Soteria” aveva iniziato ad interrogarsi sul senso del proprio lavoro nei servizi psichiatrici, sulla natura del mandato sociale, sull’etica e sul significato della riabilitazione psicosociale a più di vent’anni dall’emanazione della Legge 180. Feste, concerti, spettacoli teatrali, mostre, cinema, Laboratori di cittadinanza nelle scuole, dibattiti seminari…la città e le sue piazze vengono invase e “occupate” da iniziative ed eventi che determinano progressivamente una nuova sfera politica pubblica.

La residenzialità leggera: dall’istituzione al territorio.
«La nuova frontiera, lo stimolo costante che ci interroga sul nostro ruolo e sul nostro lavoro, è sicuramente la creazione di gruppi appartamento (gruppi di convivenza) come processo e percorso concreto di deistituzionalizzazione, soprattutto per quelle persone ritenute clinicamente “indimissibili”», raccontano gli operatori della struttura. In ambito psichiatrico, la valutazione degli interventi riabilitativi ed assistenziali fatta negli ultimi anni ha messo in luce elementi di criticità ed il bisogno di riorganizzare la dimensione della residenzialità psichiatrica. La necessità di differenziare ed articolare i percorsi di cura per cittadini con problemi di salute mentale, e lo scarso collegamento spesso esistente tra il momento riabilitativo ed il progetto territoriale, hanno evidenziato la necessità di prevedere percorsi di cura capaci di conservare o valorizzare le spinte evolutive del singolo. La residenzialità territoriale “leggera”, con la concreta apertura di Gruppi di convivenza, è una risorsa preziosa, in quanto risposta al bisogno di completamento di un percorso riabilitativo oppure di alternativa ai percorsi già esistenti. Tale presidio offre ospitalità in appartamenti autonomi a pazienti psichiatrici clinicamente stabilizzati, ma in situazioni sociali precarie sotto l’aspetto relazionale, familiare e ambientale.