STAFFOLO – Nel paese del Verdicchio non si potrà più bere caffè al bar, perché anche l’ultimo – il Bar Biffi in piazzale dei Martiri – che stoicamente aveva resistito dal 1986 come punto di riferimento per il paese, ha chiuso i battenti. Ieri (domenica 10), l’ultimo giorno. Tra amarezza e ricordi, senso di gratitudine per chi ha aiutato e la speranza di nuovi orizzonti. Perché il titolare, Simone Morici, è un giovane dinamico e con la voglia di fare. Ma consapevole che a Staffolo non si può resistere oltre.
«Non ci sono più le condizioni per lavorare qui – ci racconta Morici – Se ci fosse stata una progettualità diversa per il paese, con progetti seri per la crescita del paese, sarei stato anche disposto a ripensarci e aspettare a prendere questa decisione, che per me è molto molto sofferta». Cosa manca dunque a Staffolo? «Da qui i giovani fuggono, di conseguenza non si trova il personale. Ci sono difficoltà, perché il paese è spopolato. Anni fa c’erano dei bei progetti, lo Staffolo Shopping Village, per riqualificare il centro e portare gli outlet dei grandi marchi e rendere vivace, attrattivo il paese, ma è finito tutto in una bolla di sapone. Questa amministrazione a mio avviso non è stata in grado di far evolvere il paese, dove i giovani scappavano e mancavano le progettualità. La chiusura è una conseguenza diretta purtroppo».
Il paese resta dunque senza bar. Una sconfitta per tutta la collettività. «Sono molto dispiaciuto, qui dentro c’è la mia vita, ci sono i sacrifici dei miei genitori – racconta ancora – senza mio padre, Luigino Morici, che ha avviato il bar nel 1986 non ce l’avrei mai fatta da solo. Lui e mamma, Cristina Giambartolomei, mi hanno aiutato non solo economicamente ma soprattutto moralmente ad affrontare tutte le difficoltà che si presentavano. Il mio pensiero e il mio grazie, va soprattutto a loro».
Luigino Morici è un grande lavoratore, a Staffolo lo conoscono un po’ tutti come un pioniere del settore. Nel 1986 ha aperto il bar Biffi in piazzale dei Martiri 2 al centro di Staffolo, andando a colmare una lacuna di un servizio importante per il paese. Poi, nel 1996 ha replicato ma a Jesi, con il Bar Biffi dentro al centro commerciale La Fornace. Nel 2004 ha aperto una mensa nel complesso Pasquinelli a Jesi ancora attivissima. Non si è mai risparmiato. E Simone ha trovato nel genitore un grande esempio di forza e di rigenerazione. Ecco perché oggi, tra l’amarezza della chiusura e la commozione, trova la forza di guardare oltre. Cosa farà adesso? «Di certo, sebbene molto dispiaciuto, non mi arrendo. Sono ancora giovane, ho due figlie piccole, ricomincerò ma altrove. Investo in un’attività sul lungomare di Porto Recanati e incrociamo le dita».
Con la serranda abbassata, si chiude un capitolo importante anche della sua vita… «Si, sono stato dietro al bancone di questo bar per nove anni – dice ancora – infatti dopo aver frequentato l’Istituto Alberghiero ho gestito per tre anni il Kiosco di viale Europa, poi sono entrato nel bar di famiglia. Qui al bar ho trovato nei clienti e nei collaboratori una seconda famiglia. Ringrazio tutti davvero. Qualcuno è stato più di un cliente: Claudio Fratoni, ad esempio, che in nove anni non è mancato un giorno; l’amico Pasquale Cerfolio, l’ex comandante dei Carabinieri della vicina Stazione. Sono stati così importanti per me, come le aziende vinicole con cui ho collaborato e che anche nei momenti di difficoltà mi hanno sostenuto: l’azienda agricola Cimarelli di Luca e Tommaso Cimarelli, l’azienda Vinicola Trecastelli di Emanuele e Gianfilippo Palpacelli e l’azienda agricola Castellaretta di Emanuele Cacciamani». I grazie sono tanti dunque…. «Sì e ce n’è uno speciale per un amico carissimo, purtroppo mancato a causa del Covid – conclude Simone Morici – Dino Filipponi è stato un amico di quelli che non si trovano facilmente nella vita, mi ha aiutato in un momento di grave difficoltà, un supporto fondamentale. Oggi si chiude, ma i ricordi e i legami che ho creato grazie all’attività, resteranno per sempre».