JESI – Una statua della Madonna di Loreto realizzata nel 1657 e rimossa dalla facciata del Palazzo Comunale che guarda Piazza della Repubblica, allora ancora del Plebiscito, per volontà della Giunta in carica nel 1901. È l’opera al centro dell’ulteriore spostamento di monumenti, realizzati o in programma in questi ultimi anni a Jesi, inserita dall’amministrazione comunale nella “partita” legata al lascito ereditario di Cassio Morosetti e al ritorno della fontana dei leoni in Piazza della Repubblica.
Fra gli interventi da realizzare col residuo della spesa per il trasloco della fontana, è stato annunciato dal sindaco Massimo Bacci e dagli assessori Roberto Renzi e Luca Butini anche quest’altro ritorno: costo stimato in 20 mila euro, quello per riportare la statua della Madonna con Bambino in questione, attualmente nella chiesa di San Marco, a guardare la facciata del Pergolesi da una nicchia sopra l’Arco del Magistrato. Storia complicata la sua, raccontata nell’atto di indirizzo in merito alla questione Morosetti adottato dalla Giunta.
Si parte il 6 gennaio 1656: il consiglio generale della città approva la proposta di far realizzare una statua della Madonna di Loreto da collocare sulla facciata del Palazzo Priorale. La statua in pietra arenaria, alta un metro e 80, opera dello scultore jesino Stefano di Onofrio, era già pronta nel febbraio 1657, ma venne collocata definitivamente nella nicchia aperta sulla facciata a nord verso l’attuale Piazza della Repubblica nell’aprile 1657, per l’intervento del Cardinale Cybo.
Ci fu, anche all’epoca, una contesa fra jesini: i “Meridionali” residenti fuori delle mura, lungo quella che era Terra Vecchia e ora è corso Matteotti, e i “Settentrionali”, residenti dentro il centro storico, avrebbero ciascuno voluto che la statua guardasse dalla propria parte di città. Andò bene ai primi e Madonna e Bambino finirono dal lato opposto rispetto all’attuale Piazza Indipendenza.
La statua reca sul basamento la scritta in latino “Alla Vergine lauretana il Magistrato e il popolo di Jesi 1657” e la firma dello scultore. Va tutto bene per 203 anni: ogni sera al tramonto, «due famigli del Comune con una torcia accesa suonavano squilli di tromba» davanti alla statua.
Questo accade dal 26 aprile 1657 al 15 settembre 1860, quando succede una cosa: i bersaglieri di Cialdini entrano a Jesi e la città, di lì a pochi giorni, non è più Stato Pontificio ma Regno d’Italia. Con tutto quel che ne consegue di raffreddamento di rapporti fra il nuovo stato di cose, realizzatosi mettendo fine al potere temporale dei Papi, e gli omaggi religiosi. La laicità del nuovo Stato e dei tempi si concretizza il 9 luglio 1901 nella decisione adottata dalla nuova Giunta comunale – presieduta dall’avv. Francesco Caporaletti e formata da 3 assessori repubblicani e 3 assessori socialisti – che, cogliendo l’occasione del restauro della facciata del Comune, delibera la rimozione della statua. Che dal 27 luglio di quell’anno finisce depositata sul pavimento della navata destra della Chiesa di San Marco.
Un tentativo di riportarla in Comune, si legge nei documenti, avviene nel 1929. Il federale fascista dice no. Nel 1955 lo chiede il Vescovo Pardini al sindaco Pacifico Carotti (che 6 anni prima aveva portato la fontana dei leoni nell’attuale Piazza Federico II). Lì per lì la giunta, a maggioranza di assessori della Democrazia Cristiana, dice sì. Ma il consiglio comunale, coi pareri contrari dei repubblicani per bocca dello stesso Carotti, di comunisti e socialisti dice no, 22 contro 12, rischiando una crisi di giunta. Sono gli anni della Guerra Fredda nel mondo, in Italia quelli di Peppone e Don Camillo.
Nel 1988 si restaura di nuovo dopo 87 anni la facciata del Palazzo comunale. Il consigliere Dc Pentericci ci riprova con una interrogazione all’allora sindaco Girolimini, segnalando che «le motivazioni che hanno portato all’inizio di questo secolo alla rimozione della statua fanno parte di un passato storico concluso». Il primo cittadino risponde che la richiesta «non pare adeguatamente fondata su motivi artistici, religiosi e culturali».
Oggi l’amministrazione valuta «opportuno cogliere l’occasione dei lavori di riqualificazione di piazza della Repubblica, unendo alla ricollocazione della fontana dei leoni anche quella della statua seicentesca sulla facciata del Palazzo Comunale che, con il restauro di Mattia Capponi nel 1776, segnò la nascita della nuova piazza».