JESI – Scende dal palcoscenico dove eravamo abituati a vederlo e scrive il suo primo romanzo: “Strana rana”. C’è molto di Antonio Lucarini nelle pagine del libro che presenterà domenica 17 settembre (ore 21) all’Hemingway Cafè di Davide Zannotti, che ancora una volta offre una serata culturale di tutto rispetto.
C’è molto dell’autore nelle pagine di “Strana rana” ma c’è anche molto di tutti noi, della società in cui viviamo e dei modelli che abbiamo come riferimento. “Strana rana” è la storia di due donne che si ritrovano dopo anni. Una sconfitta in una gara di nuoto le aveva separate.
Lucarini, è una critica alla società attuale, dove conta solo vincere?
«”Strana rana” si pone come una critica feroce contro un sistema di vita volto solo al consumo e alla vittoria. Io racconto di due donne derelitte, anche se ancora bellissime, di 54 anni. Entrambe, soprattutto Claudia, hanno impostato la loro vita sul concetto di vittoria, sulla logica del successo e si ritrovano ad annaspare come relitti umani. Nella nostra società i vincitori sono ben pochi. Sono molti di più i derelitti che magari hanno avuto vittorie effimere e deambulano come sopravvissuti. Nel libro c‘è anche un impietoso ritratto di come il sistema, per fini di consumo, abbia alla fine degli anni ’70, con la cultura della discoteche e delle ‘feste‘, agevolato un rapidissimo cambio del costume sessuale. In effetti, tutto il pansessualismo sfrenato dell‘epoca, come quello attuale, lo considero come una specie di ultima caramella che lo “status quo” ci regala. È come se ci dicessero: “Siete consumatori negletti, vi abbiamo azzerato ogni forma di creatività e pensiero ma potete almeno fare sesso sfrenato!“».
La vita mette le protagoniste di “Strana rana” davanti ad una sfida difficile, pensa che sia nella sconfitta l’occasione giusta per riflettere?
«L‘unico momento in cui possiamo riflettere sulla nostra vita è proprio quello della sconfitta. Perdere ci fa riscoprire il senso vero e esatto delle cose. In un primo momento ogni sconfitta ci appare come la morte, ma poi crea in noi una sorta di risveglio spirituale. Sia la sconfitta che la morte sono concetti che l‘attuale sistema di vita vuole cancellare. Turbano la catena incessante della produzione che ci toglie ogni pensiero e ogni vera libertà».
Cosa hanno le protagoniste in comune con Antonio Lucarini?
«Le mie due protagoniste hanno aspetti di me evidenti. Ho un‘infanzia disgraziata piena di carenze affettive, dominata dalla paura dell’abbandono. Sia Claudia che Lara hanno avuto genitori che le spingevano solo a vincere e verso il benessere. La carenza di affetto domina caratterialmente le due donne ed è il tema centrale di “Strana rana”. Una straziante solitudine viene fuori da ogni pagina. È la mia solitudine che da anni mi separa dal mondo e dalle persone».
Cosa vuole dire con questo romanzo?
«Desidero far riflettere, in modo forte e provocatorio, sul nostro tipo di esistenza quotidiana basata su disvalori assoluti. Per me, consumando, consumiamo ogni giorno ogni briciola di spiritualità della nostra anima, se ancora ne abbiamo una».
È il suo primo romanzo. Altre pubblicazioni nel cassetto?
«Sì, è la mia opera prima. Penso che sia la cosa più riuscita che abbia creato in questi anni. L‘ho scritta in un momento di acuta sofferenza e dentro c’è tutta la mia rabbia neo gnostica. Si evince un desiderio forte di cambiare pagina, di cambiare vita. Ho scritto altri due romanzi, sono quasi pronti. Sono forse meno rabbiosi e più tragicomici. Entro un anno pubblicherò entrambi».