La riorganizzazione della rete degli sportelli Ubi e la dismissione di attività ‘non core’ «non comporteranno impatti occupazionali». Lo ha ribadito Roberto Gabrielli, responsabile macro area Marche Abruzzo del gruppo bancario, a margine della presentazione del risultati consolidati dell’istituto bancario per il primo semestre 2019.
«C’è la contrattazione con i sindacati ed il quadro è aperto, ma posso anticipare l’impegno a mantenere il bancomat nei luoghi in cui la chiusura potrebbe arrecare disagi alla clientela. Penso soprattutto ai piccoli centri». Nelle zone del sisma, peraltro – ha chiarito – «stiamo trovando locali per trasferire filiali ora nei container, il dialogo è aperto in un paio di comuni per inizio 2020; nell’università di Camerino aprirà a settembre 2019 un nuovo sportello grazie all’accordo sulla Carta prepagata Erdis agli Studenti Universitari, e segue l’apertura dello sportello Ubi nell’ateneo di Urbino».
«Ci stiamo allineamento al processo in corso nel settore bancario, è ormai superato il modello dello sportello in ogni strada», ha aggiunto. «Negli ultimi 10 anni gli sportelli sono diminuiti del 27% in Ue e del 25% in Italia. Tre le cause: i bassi tassi di interesse e meno margini che spingono a contenere costi operativi, la digitalizzazione scelta dai clienti (ad oggi nella Mat Marche Abruzzo il 90% dei prelievi è al Bancomat, il 60% dei bonifici e l’80% delle operazioni di bollo e ricarica carte sono fatte online), e la crisi che spinge le autorità di vigilanza ad essere più severe nella concessione del credito». Quanto alla esternalizzazione di attività ‘non core’ che dovrebbe coinvolgere un centinaio di dipendenti Ubiss (Ubi Sistemi e Servizi) in Italia – tra cui le piazze di Jesi, Pesaro e Chieti – «era previsto ed annunciato nel Piano industriale 2019-2020. Anche in questo caso, non ci saranno impatti occupazionali».
Per quanto riguarda i risultati consolidati al 30 giugno 2019, salgono a 405 milioni di euro i finanziamenti erogati nella regione Marche da Ubi Banca nei primi sei mesi dell’anno, + 10% rispetto allo stesso periodo 2018. Un dato cui contribuiscono per 190 milioni di euro (+43,5%) i mutui erogati alle famiglie per acquisto casa e credito al consumo. Stabili le erogazioni alle imprese per effetto della debole domanda di credito per investimenti, con 215 milioni di euro di nuova finanza, di cui 110 milioni alle
imprese fino a 10 milioni di fatturato. Cresce del 28% lo smobilizzo dei crediti commerciali delle aziende (factoring) per 66,6 milioni. Nel semestre la banca ha erogato circa 36,3 milioni di euro di finanziamenti alla ricostruzione post-terremoto; in regione, oltre un terzo delle richieste totali di contributi da privati e imprese sono gestite da Ubi. Lo stock totale dei finanziamenti concessi dalla banca nelle Marche ammonta a 5,5 miliardi di euro. Crescono complessivamente i risparmi che i marchigiani depositano in Ubi, per 12,5 miliardi di euro (+1,9%), di cui 7,6 miliardi di raccolta diretta e 4,9 miliardi di raccolta indiretta. È il primo istituto di credito con una quota di mercato del 28% e 500mila clienti, di cui 450mila privati.
«Nel primo semestre abbiamo continuato ad erogare finanziamenti alle famiglie e alle Pmi marchigiane, con un ritmo più accentuato per la componente retail», ha commentato Roberto Gabrielli. «Insieme alle imprese stiamo lavorando allo sviluppo del credito di filiera, grazie al factoring, e alla crescita del capitale delle nostre aziende con l’aiuto della nostra struttura di investment banking».
I dati del bilancio consolidato al 30 giugno 2019 – ha aggiunto il responsabile della Mat Marche Abruzzo – fotografano nella regione «il positivo dato dell’aumento della richiesta da parte delle famiglie di mutui per l’acquisito di nuovi immobili». La dinamica riguarda anche nuove famiglie a reddito modesto grazie al fondo di garanzia fornito dal Consap sui mutui prima casa. Un segnale che «le famiglie riescono a risparmiare e investire». Debole, invece, la domanda di credito per investimenti da parte delle imprese: «Gli imprenditori sono preoccupati dall’incertezza legata al quadro nazionale, per questo non investono. I capitali ci sarebbero, la crisi ha fatto emergere imprese molto solide. Occorre ora uscire dal mood ‘bisogna saper fare’ e trovare il coraggio per tornare ad investire ed aumentare la competitività».