JESI – Il Teatro Moriconi di Piazza Federico II non è riuscito a contenere quanti oggi pomeriggio hanno seguito l’incontro con l’onorevole Massimo D’Alema, invitato dall’Istituto Gramsci Jesi e Vallesina in occasione dell’ottantesimo della morte di Antonio Gramsci.
In molti hanno seguito la conferenza all’esterno della sala, dove sono esposti i lavori che gli studenti jesini delle scuole superiori (visitabile il pomeriggio dalle 17 alle 19.30 fino al 7 dicembre prossimo, ndr) che durante l’anno avevano svolto incontri e laboratori con Francesco Giasi, direttore della Fondazione Istituto Gramsci di Roma. Accanto a Massimo D’Alema c’erano il Senatore Aroldo Cascia per l’Istituto Gramsci Jesi e Carlo Latini direttore dell’Istituto Gramsci Marche. Prima di raccontare il pensiero di Gramsci, D’Alema ha inaugurato la mostra a Palazzo Santoni in cui sono esposte le opere dedicate al politico comunista sardo di sedici artisti. «Siamo grati che D’Alema abbia accettato il nostro invito, la sua presenza è un fatto storico per la città – ha detto Cascia – Gramsci oggi sicuramente è una delle figure più capaci di stimolare sensazioni e sentimenti». Per sciogliere il ghiaccio con la folta platea, D’Almena ha raccontato che gli antenati di origine araba della sua famiglia sono stati al servizio dell’Imperatore Federico II e della sua ammirazione per Valeria Moriconi «motivi per cui sono contento di essere a Jesi». Assente l’assessore Luca Butini, nonostante fosse presente sul programma, che però ha sostenuto le iniziative dell’Istituto.
«La grandezza di Antonio Gramsci si è dimostrata nel tempo – ha detto D’Alema – È stata la più grande figura intellettuale e politica italiana e insieme a Norberto Bobbio è lo studioso italiano più famoso al mondo, America Latina e Stati Uniti compresi. Nelle sue aperture verso il futuro c’è una genialità unica: i quaderni sono un monumento, considerati sovversivi in Unione sovietica fino alla caduta del muro. Fondatore del Comunismo italiano è stato tra i fondatori del Partito Comunista Italiano con cui non ha avuto sempre un rapporto semplice». L’onorevole, primo ed unico esponente del Partito Comunista diventato Presidente del Consiglio alla fine degli anni Novanta, ha messo in evidenza proprio il rapporto tra Gramsci e il partito: «Quando ci fu la rottura del gruppo dirigente sovietico scrisse una lettere in cui la definì “una frattura drammatica” su cui però non bisognava creare esasperazione. Si rivelò una lettera rivelatrice della distanza dallo stalinismo, idee che i vertici del partito avevano trattato con cautela. Nonostante l’isolamento, vissuto da Gramsci con sofferenza e amarezza, nulla ostacolò il suo impegno». Prima della presentazione alcuni hanno voluto regalare all’onorevole una bandierina rossa con la falce e il martello.