JESI – Le Marche hanno pagato pesantemente le recenti tensioni internazionali, le guerre commerciali, i dazi e la Brexit. Nel 2018 le esportazioni manifatturiere marchigiane in Russia sono diminuite dell’8,6%, pari a -36,5 milioni di euro, l’export verso gli Stati Uniti cala del 6,2% (-54,0 milioni di euro), quello verso il Regno Unito cala del 3,7% pari a 20,0 milioni di euro in meno. Un colpo duro, soprattutto per il comparto della moda, un settore produttivo che negli ultimi 10 anni ha registrato, in regione, importanti fenomeni di delocalizzazione e il calo del 4% degli occupati; delocalizzazione che colpisce anche la meccanica, dove gli occupati sono calati in dieci anni del 5%.
I dati sono quelli del “Trend Marche”, l’indagine congiunturale su artigianato e piccola impresa a cura di Cna Marche e Confartigianato Marche, con il sostegno di Ubi Banca e in collaborazione con Università di Urbino, Università Politecnica delle Marche e Istat. Il report è stato presentato ieri a Jesi, presso la Sala “Luigi Bacci” del centro direzionale Esagono di Ubi Banca, nella tradizionale cornice della presentazione dell’annuale “Rapporto sull’economia globale e L’Italia”, quest’ultimo a cura del Centro Einaudi.
L’Osservatorio congiunturale “Trend Marche” evidenzia per il 2018 dati in chiaroscuro per l’economia regionale. Per le imprese artigiane con meno di 20 addetti, sono in crescita i ricavi (+3,4%) e le retribuzioni (+6,3%), ma diminuiscono gli investimenti (-3,5%) e i consumi (-1,8%). Per quanto riguarda le imprese, le registrate nel manifatturiero nelle Marche alla fine del 2018 sono il 8,8% in meno rispetto al 2010, diminuzione meno intensa della media nazionale (-10,1%), anche se peggiore della dinamica complessiva delle imprese marchigiane che segna il -4,1%.
«La ripresa dei ricavi – ha precisato Ilario Favaretto dell’Università di Urbino – non ha ancora condotto ad un recupero dei livelli precedenti nonostante siano trascorsi 10 anni dalla loro caduta. In positivo la crescita delle retribuzioni documenta il ruolo crescente assunto dal fattore lavoro, un risultato cui contribuiscono l’aumento dei salari unitari e aumenti dell’organico. Le nostre imprese scontano comunque un forte ritardo nella ricerca e nell’innovazione, nella formazione delle risorse umane». «Oggi – ha aggiunto Favaretto – non siamo disperati ma non siamo nemmeno messi bene. Si stanno riproponendo i distretti produttivi e le filiere con vecchie tecnologie, le strade sono piene di buche, i collegamenti improbabili…. C’è un problema di strategie…».
Complessivamente debole la dinamica dell’export: i ricavi esteri nel 2018 sono cresciuti del 27,9% ma il loro contributo sul totale dei ricavi non raggiunge il 5%. Per Gianluca Gregori prorettore dell’Università Politecnica delle Marche «per favorire l’export delle imprese marchigiane e ridurre il rischio di delocalizzazione delle produzioni servono investimenti mirati, forte riduzione del carico fiscale, e fare sistema all’estero».
Di «segnali contrastanti» ha parlato anche Roberto Gabrielli responsabile macro area Marche Abruzzo di Ubi Banca: «Dopo un primo semestre di buona crescita, nella seconda parte del 2018 si è assistito ad un evidente rallentamento. Ritengo siano necessarie politiche economiche maggiormente incisive in grado di supportare le imprese nella crescita dimensionale e negli investimenti, specie quelli di natura innovativa».