JESI – I finanzieri della Compagnia di Jesi hanno proceduto nelle scorse settimane all’esecuzione di numerose perquisizioni e sequestri nelle Provincie di Ancona, Fermo, Macerata, Udine e Cosenza nei confronti di soggetti italiani e stranieri coinvolti in un’ingente frode all’Iva sui prodotti elettronici e nel riciclaggio dei relativi proventi illeciti.
La complessa operazione, denominata Black Wall, ha permesso di scoprire, in oltre dodici mesi di attività investigativa, un vorticoso giro di acquisti, preordinato a consentire a noti commercianti della provincia dorica, un’ingente evasione dell’Iva su migliaia di smartphone di ultima generazione, computer, tablet e altri beni elettronici.
La vicenda
La frode è stata scoperta dai militari dipendenti dal Comando Provinciale di Ancona sia mediante l’acquisizione di elementi informativi sul territorio sia grazie all’utilizzo di database sempre più performanti di cui il Corpo si avvale per lo sviluppo delle proprie investigazioni economico-finanziarie. Strumenti questi ultimi che consentono una mirata selezione dei “soggetti a rischio”, attraverso l’incrocio dei dati fiscali disponibili tramite l’Anagrafe Tributaria ed altri applicativi in uso, consentendo una migliore e più tempestiva individuazione dei comportamenti illeciti.
Gli accertamenti svolti dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Jesi hanno, in particolare, permesso di individuare tre società «cartiere», domiciliate fittiziamente a Roma, prive di struttura operativa, che venivano utilizzate per acquistare i prodotti da importanti fornitori ubicati in diverse regioni del nord e centro Italia e poi rivenderli prevalentemente tramite siti internet nella disponibilità dei principali indagati e mediante piattaforme web di vendite on-line con il sistema del drop-shipping, ossia un modello di cessione di beni grazie al quale il venditore cede un prodotto ad un utente finale, senza possederlo materialmente nel proprio magazzino.
È stata, inoltre, scoperta anche una vera e propria rete di customer care che, attraverso postazioni call center ubicate nelle provincie di Ancona e Fermo, forniva informazioni ovvero assistenza ai clienti dei prodotti venduti in evasione d’imposta.
L’indagine e i numeri
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Ancona, si sono basate pure sulla fondamentale e non agevole ricostruzione degli ingenti flussi finanziari – anche da e verso due Paesi dell’Unione Europea, Austria e Ungheria – attività che rappresenta una metodologia operativa efficace per garantire l’effettivo “ristoro” delle casse dello Stato di quanto indebitamente sottratto alla collettività degli evasori fiscali.
Le stesse hanno consentito alle Fiamme Gialle jesine di smantellare un complesso sistema di frode attraverso il quale sono state occultate al Fisco operazioni imponibili per oltre 30 milioni di euro con la conseguente evasione di imposte per circa 7 milioni di euro.
Otto persone, di cui cinque residenti nella Provincia di Ancona e considerati gli ideatori della frode (A.A. di anni 41, A.M. di anni 47, B.G. di anni 73, S.M. di anni 42, P.C. di anni 39) e tre soggetti di nazionalità ungherese che venivano utilizzati quali prestanome, sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Ancona per i reati di frode fiscale, riciclaggio, utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti che prevedono la reclusione fino a 12 anni.
Parte dei proventi di evasione sarebbero stati reinvestiti nell’acquisto di beni immobili situati nelle provincie di Udine ed Ancona, attraverso una società estera riconducibile ai citati dominus del sistema illecito ed un’immobiliare italiana amministrata da un prestanome ungherese.
L’Autorità Giudiziaria di Ancona ha emesso un provvedimento di sequestro preventivo, eseguito dalla Guardia di Finanza di Jesi, di beni immobili e mobili per 4 milioni di euro, ai fini della confisca «per equivalente». I finanzieri della Compagnia di Jesi hanno, pertanto, proceduto al sequestro di un esercizio commerciale sito a Jesi, un natante di oltre otto metri di lunghezza del valore di circa 150mila euro, che era ancorato nel porto di Ancona, autovetture, immobili e saldi dei conti correnti bancari.
Le attività di indagine, rivelatesi tra l’altro alquanto complesse per via dell’utilizzo di terzi soggetti e di luoghi occulti per la gestione amministrativa delle attività e quindi per l’identificazione degli effettivi canali di vendita messi su dagli ideatori della frode, si inseriscono nel piano d’azione della Guardia di Finanza orientato sia ad individuare i più gravi sistemi di evasione che, oltre a causare ingenti danni all’Erario, inquinano l’economia legale, danneggiando tutti gli operatori economici rispettosi delle regole, sia finalizzato al recupero dei patrimoni illecitamente accumulati dagli autori dei reati per restituirli alla collettività.