JESI – «Il turismo nelle Marche sta andando complessivamente male. Molto basso il dato delle presenze internazionali, sotto il 20% a fonte di una media nazionale al 49%. Siamo al quart’ultimo posto tra le regioni italiane: dopo di noi solo Abruzzo, Basilicata e Molise». I dati, relativi alla stagione turistica 2017, sono stati proposti da Gianluca Gregori, pro rettore dell’Università Politecnica delle Marche, nell’ambito del convegno “Marche, il ruolo del terziario nell’economia regionale” organizzato da Ubi, Confcommercio Marche e Politecnica al centro direzionale Esagono di Ubi Banca. Occasione del convegno, l’indagine svolta da LabMarche Laboratorio Terziario Marche.
«Dopo il trend negativo degli anni post sisma – ha spiegato Gregori – nel 2018 emergono segnali di miglioramento, ma desta preoccupazione il calo della redditività». In un settore, quello del turismo, sempre in crescita per occupati e investimenti, «è indispensabile avviare delle indagini qualitative sugli arrivi e le partenze, per capire le aspettative e intercettare i flussi mondiali di un turismo che non sia mordi e fuggi. Le prospettive di crescita sono comunque buone».
Presente al convegno l’assessore regionale Moreno Pieroni, secondo cui «l’obiettivo è destagionalizzare la stagione turistica anche puntando sul brand culturale», precisando che «12 milioni di euro sono inseriti nel bilancio di previsione 2019 della Regione per sostenere investimenti e creare opportunità».
Per Massimiliano Polacco direttore Confcommercio Marche, «lo studio di Lab Marche ci dice che l’economia della nostra regione è basata prevalentemente sul settore Terziario che rappresenta il 55% delle imprese attive in regione. Se si osserva la distribuzione del valore aggiunto per settore di attività economica, la percentuale maggiore è rappresentata dal terziario con il 68% (con un ammontare pari a 25.087 milioni di euro), a seguire l’Industria e l’artigianato con il 30% (pari a 11.055 milioni di euro) e infine l’agricoltura con circa il 2% (655 milioni di euro).
Anche sul fronte dell’occupazione, i dati Istat 2017 indicano un primato del settore Terziario rispetto agli altri di riferimento (industria e artigianato/agricoltura). Viene così «sfatata» l’idea di una regione tradizionalmente ed univocamente manifatturiera. È innegabile il ruolo strategico che il Terziario riveste e potrà rivestire in futuro nel sistema economico marchigiano. Nuove competenze saranno richieste, anche in una logica di integrazione e di sviluppo del settore manifatturiero, che necessita in modo crescente di servizi 4.0. Ciò nella necessità di evitare una dannosa contrapposizione tra “Terziario e Manifatturiero” e nella necessità, invece, di individuarne tutte le possibile e sinergiche interazioni».
Lo ha confermato il direttore generale Francesco Rivolta ricordando che in Italia «il terziario rappresenta il 60% dell’economia nazionale e oltre il 50% dell’occupazione. Non è il parente povero dell’economia nazionale, ma il settore che in questi anni di crisi ha espresso una grande vivacità sotto il profilo occupazionale. C’è però bisogno di innovazione, digitalizzazione e di quelle reti immateriali che possono dare uno slancio del nostro paese».
«I dati sull’occupazione negli ultimi cinque anni ci dicono che nuovi posti di lavoro sono stati creati nel settore dei servizi, non in agricoltura e non nell’industria». Così Nunzio Tartaglia, responsabile della macro area Marche e Abruzzo di UBI Banca, nel suo intervento al convegno. «A fine 2012 gli occupati in Italia erano 22,6 milioni, sono saliti a 23,5 milioni a metà 2018, con saldo positivo di 900mila occupati, quasi tutti guadagnati nel settore dei servizi, Nelle Marche la crescita dei posti di lavoro è stata percentualmente più modesta, dai 636mila di fine 2012 ai 648mila di giugno 2018, questo significa che le Marche fanno fatica a creare nuovi posti di lavoro nei servizi.
Da una parte la nostra regione è prevalentemente manifatturiera con una forte presenza di piccole e medie imprese, questo è un motivo, dall’altro il terremoto sta ancora pesando, ecco perché si sta creando un gap occupazionale fra le Marche e quella parte del’Italia che sta correndo di più. Per eliminare questo gap occorre investire per aumentare la quantità e la qualità dei servizi offerti. Importanti, per la crescita del Terziario, le sinergie tra pubblico, associazioni, operatori e banca, ed inoltre iniziare a sviluppare strategie diversificate per ogni singolo segmento del terziario».