Un disguido, un conteggio errato, un errore umano di quelli che capitano ma che possono costare cari, soprattutto in termini di aumenti dei contagi in un momento delicatissimo in cui l’ondata pandemica da Covid-19 non accenna a frenare nonostante le ordinanze e i divieti imposti dal Dpcm.
È successo in un paese della Vallesina, dove un uomo è stato autorizzato per iscritto dalla Asur a uscire e tornare alla sua vita, nonostante positivo e asintomatico, per un semplice errore nel conteggio dei giorni di quarantena. È proprio lui a raccontare la vicenda, mortificato e spaventato all’idea di aver potuto causare problemi ad altri, suo malgrado. «Sono interdetto – ammette – certo l’errore umano può capitare, ma se avessi io violato la quarantena per mia leggerezza, spargendo il virus volontariamente, avrei dovuto rispondere del reato di pandemia colposa. Ed è giusto, ci vuole senso civico, responsabilità verso la collettività. Ma adesso che l’errore, grossolano, arriva da chi dovrebbe tutelarci, dalla Asur e in particolare dal Dipartimento Igiene e Prevenzione, chi pagherà per questa leggerezza?» si chiede il cittadino.
L’errore, come ci spiega, è iniziale: visto che la sua famiglia dal 27 ottobre è risultata tutta positiva al tampone, ma a lui, pur convivente, non è stato fatto. «Non so il motivo – continua – ma a me non lo hanno fatto, non presentavo sintomi. Sono rimasto in quarantena preventiva. Mi sono sottoposto poi a un tampone il 9 novembre, insieme ai miei familiari che non si negativizzavano, da cui sono risultato positivo. Lo stesso risultato che è stato confermato dal secondo tampone, eseguito il 19 novembre, da cui per fortuna la mia famiglia è risultata negativa».
Intanto l’Asur lo ha contattato (il 23 novembre) autorizzandolo a uscire e tornare al lavoro, avendo esaurito i 21 giorni di isolamento. «Mi hanno mandato una mail in cui scrivevano che dal mio ultimo tampone erano passati i giorni necessari e che potevo tornare alla mia vita – racconta ancora – ero confuso ma felice di essere stato autorizzato con tanto di mail dal Dipartimento di riferimento, di poter tornare finalmente alla normalità dopo tanti giorni di isolamento. Così sono uscito, ho ripreso il lavoro che avevo interrotto dal 27 ottobre, sono andato a fare delle commissioni di routine, la spesa… Invece nel tardo pomeriggio mi arriva una telefonata in cui la Asur faceva dietro-front e ammetteva che si erano sbagliati, che la fine della mia quarantena era prevista per il 1 dicembre». Una tegola in testa, un fulmine a ciel sereno. «Ritengo che da parte della Asur ci sia stata una gestione maldestra della vicenda, un po’ leggera per una questione invece di vitale importanza – conclude il cittadino – certo, mi sono state formulate scuse, ma sebbene ignorassi di essere un potenziale rischio per la collettività, mi sento lo stesso in colpa. Cerco di essere un esempio per la mia famiglia, anche in termini di responsabilità personale…anche per questo mi sento in difficoltà. E credo che senza una attenta gestione e un maggior numero di tamponi fatti ai familiari dei malati, non usciremo mai da questa pandemia».