Jesi-Fabriano

La vendemmia nelle Marche: manca un 20% d’uva all’appello, ma la qualità è buona

L'enologo Mazzoni traccia un quadro della situazione con il 75% dei grappoli già in cantina: la siccità non ha fatto bene alla produzione

Uva verdicchio

ANCONA – Che vendemmia sarà per i vignaioli, i coltivatori e i vini delle Marche. CentroPagina aveva già affrontato il tema i primi giorni di agosto, adesso con il maltempo che imperversa sulla regione, ma con la stragrande maggioranza dei grappoli già in cantina, è più facile tracciare un quadro della situazione in tutta la regione. La fotografia del momento è dell’enologo Alberto Mazzoni, direttore Istituto Marchigiano Tutela Vini, che parte da un punto di vista generale: «Il 75% dell’uva marchigiana è al riparo, dunque anche da questa perturbazione in atto – spiega Mazzoni –. In linea generale eravamo partiti bene, ma da giugno in poi la situazione è andata man mano peggiorando. Se inizialmente in primavera ci aspettavamo una vendemmia non abbondante ma sicuramente capace di recuperare il gap di produzione perso con l’anno precedente, -40%, ed eravamo tutti quanti felici, perché questo sarebbe stato positivo anche dal punto di vista economico, ecco che poi luglio e agosto sono stati devastanti dal punto di vista del caldo. Le Marche, in generale, hanno vissuto una stagione siccitosa in cui la pianta non è riuscita a portare a termine la maturazione e così nel momento della vendemmia abbiamo coperto solo parzialmente quel -40%, recuperandone circa la metà. Perché l’uva è bella e sana, ma non pesa, non c’è mosto, la resa in vino è bassa, con grappoli che pesano mediamente meno del solito». 

Naturalmente all’interno del territorio regionale e delle tante denominazioni di origine c’è chi sta meglio e chi sta peggio: «Sono in condizioni migliori le aree dove casualmente si sono sviluppati temporali che hanno generato millimetri di pioggia in più, ma anche terreni freschi esposti a nord, impianti più vecchi e dunque con radici più profonde e più a contatto con l’acqua – prosegue Mazzoni –. Gli impianti nuovi hanno sicuramente sofferto di più. Terreni freschi hanno prodotto uva di maggior bellezza, terreni aridi hanno dato problemi. Insomma uno più uno non ha fatto due, ma 1,8. Manca un 20% di produzione. Non tutte le aziende sono andate male, però, non è un andamento generalizzato, c’è un discorso a macchia di leopardo da nord a sud». Questo per quanto riguarda la produzione e la quantità di vino, ma la qualità? «La gente essenzialmente ha raccolto prima, dunque dal punto di vista qualitativo non avremo vini pessimi, tutt’altro, chi ha raccolto prima avrà vini più freschi e chi ha raccolto dopo avrà maggior grado alcolico, ma non ci sono stati mai problemi in vigna. Ci sono aziende che hanno bellissima uva perché sono in un posto fresco».

Adesso restano da vendemmiare l’uva Montepulciano e le riserve di rossi e bianchi, dunque anche quelle del Verdicchio. In sintesi: «Poteva andare meglio – conclude Mazzoni –, ci aspettavamo un’annata più abbondante, ma la qualità è più che buona. Uva sana, ma con grappoli leggeri. E per chi deve vendemmiare ancora la situazione è questa: la buccia del Montepulciano è abbastanza spessa, salvo che non ci sia il finimondo si salverà, idem per il Verdicchio, la buccia dei grappoli ora viene difficilmente lacerata dalla pioggia. D’altra parte è così: l’agricoltore vive in una casa senza tetto: entra l’acqua ed entra il sole, quest’anno poca acqua».