JESI – Ventidue biciclette per un’unica grande passione: il ciclismo. Da bambino il padre lo portava a vedere le corse: la scintilla è scoccata con la “Coppa Mencarelli” nel 1948 a Jesi vinta dal filottranese Fausto Montesi, che aveva già partecipato a cinque Giri d’Italia.
Da allora per Giuseppe Rocchetti, 84 anni, jesino doc, è stato un crescendo di avventure ed emozioni che si rinnovano oggi con l’attesa per il Giro d’Italia che manca da Jesi da 37 anni.
Che ricordi ha dell’ultima edizione del 1985?
«Ricordo molto bene quella tappa, una bella edizione perché era la prima volta che la vedevo dal vivo, l’avevo sempre vista per strada. La vinse Maini e sul palco salii anch’io insieme a mia moglie Graziella e Visentini con la maglia rosa, fu una bella emozione», racconta Rocchetti che ha un passato da ciclista (vinse un campionato regionale a Cupramontana) oltre che da appassionato. Brillante e preciso nei suoi ricordi, per l’occasione sfoggia una bella camicia rosa. Sta sul pezzo, ineccepibile. Nel garage della sua abitazione l’auto è stata spodestata da un piccolo museo personale dove foto, maglie (ne ha oltre 50), bandiere, cimeli, autografi e soprattutto biciclette, la fanno da padrone. Un micromondo dove ogni pezzo è un tassello della storia del ciclismo italiano, accuratamente raccolto, conservato e curato da Giuseppe che per questa particolare occasione della tappa a Jesi ha prestato 9 delle sue preziosissime bici d’epoca ai negozi del centro storico per creare delle scenografie ad hoc nelle vetrine.
A quali bici è più affezionato?
«Sono più affezionato a quella di Nevio Vitali di Montemarciano, che era un amico, poi a quella di Saronni e la Bianchi, la “Folgorissima” che non si trova – confessa –. In realtà a tutte quante. Le ho trovate alcune sui mercatini, altre mi sono state regalate. Fin da bambino ero sempre stato appassionato di biciclette». E ci mostra orgoglioso una Bottecchia modello 1979, originale, che portò Giuseppe Saronni al trionfo al Giro d’Italia nel 1979; una splendida Faber-Rimini modello 1930 usata dal corridore jesino Gervasio Picchio nella Milano-San Remo del 1930 con i cerchi in legno; la Bartali del 1950 con cambio Simplex. Nobili guerriere che hanno condotto al traguardo i campioni di ieri.
«Mi sono state affidate dagli stessi ciclisti o dai vecchi proprietari, sicuri che nei avrei avuto massima cura e così faccio», racconta ancora visibilmente emozionato, come se raccontasse di una parte della sua famiglia. Negli anni ne ha collezionate 22, la passione è crescente… ma lo spazio fisico un po’ meno. Ma chiacchierare con Giuseppe Rocchetti è come riavvolgere il nastro della storia, non solo di questo nobile sport, ma anche del costume, dei personaggi e della città stessa di Jesi, quando il sogno delle due ruote correva con la “Ciclistica Jesi”, società nata negli anni ’40 che annoverava grandi nomi di atleti leoncelli pronti a sfrecciare con la maglia rossa e blu. Società che nel corso del tempo è diventata “Ciclistica Jesina” sostenuta dalla storica azienda metalmeccanica Sima. Quelle maglie, cimeli di un passato glorioso, campeggiano oggi sulle vetrine dei negozi del centro insieme a nove delle bici da collezione di Giuseppe. Un grande conoscitore della storia del ciclismo, ma anche dei suoi protagonisti, tra cui spiccavano anche degli jesini.
«Sono stato appassionato fin da piccolo – ci racconta – ho conosciuto tanti validissimi atleti, mi ricordo di Faustino Montesi che nel ’48 era già stato professionista e ha vinto la Coppa Mencarelli a Jesi, ricordo molto la Sima Jesi con il direttore sportivo Lamberto Pirani conosciuto in tutta Italia e poi Mario Bolletta, jesino che è stato un buon corridore e ha vinto il campionato marchigiano allievi e su pista da dilettante ha vinto diverse gare. È stato anche in maglia azzurra con la Nazionale e direttore sportivo per tanti anni. Poi Giancarlo Polidori unico marchigiano nella storia ed aver indossato la maglia rosa al Giro e la maglia gialla al Tour».
Una storia fatta di uomini, sudore e chilometri, di maglie rosa e di tappe che racconta la storia ancora più grande dell’Italia del dopoguerra. Oggi con l’attesa del Giro d’Italia quelle emozioni, quel coraggio e quel batticuore tornano a unire gli italiani.3Gs74DqhsmE