Jesi-Fabriano

La vertenza Fedrigoni approda in Senato, presentata interrogazione urgente da De Poli

Il senatore dell'Udc chiede al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso di valutare l’interessamento da parte di nuovi acquirenti, a partire dall’istituto Poligrafico Zecca dello Stato

Assemblea dei lavoratori di Fabriano della Fedrigoni
Assemblea dei lavoratori di Fabriano della Fedrigoni

FABRIANO – Il caso Fedrigoni, con l’annunciata chiusura di Giano srl a Fabriano, approda in Parlamento: a porre l’accento sulla questione è il senatore Udc Antonio De Poli che annuncia un’interrogazione parlamentare al Governo. «La crisi di Fabriano necessita di risposte strutturali e di una visione industriale che dia garanzie sociali. – afferma – Il Piano proposto dall’azienda Fedrigoni è deludente, tradisce le attese dei lavoratori e rende più complicato e difficile il quadro, alla vigilia dell’incontro al Ministero, in programma il 4 novembre». Poli annuncia alcune richieste. «Al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, chiederò di valutare l’interessamento da parte di nuovi acquirenti, a partire dall’istituto Poligrafico Zecca dello Stato. La tutela dell’occupazione. Questa è la nostra priorità”, afferma De Poli.

L’interrogazione

Secondo il senatore, «il piano di ricollocazione proposto dall’azienda è insufficiente. Nell’incontro con i sindacati, infatti, è stata ribadita l’intenzione di interrompere la produzione della carta da ufficio da gennaio 2025. Sarebbe, se confermata, una decisione che impoverisce il tessuto sociale di un territorio già fortemente colpito dalla perdita di importanti siti industriali. La politica, al di là dei colori politici, – secondo il parlamentare Udc – deve impegnarsi per scongiurare una crisi sociale. Serve una politica di sviluppo per il settore cartario: è urgente disegnare una strategia di rilancio di questo comparto, anche per mettere al sicuro anche i siti di Pioraco e Castelraimondo, che potrebbero essere interessati in futuro da analoghe decisioni. Il tessuto produttivo delle Marche non può permettersi tutto questo», conclude.