Per viaggiare con le automobili non è strettamente necessario accendere e partire. Molte volte basta soltanto leggerne il nome così da attivare la fantasia ed andare lontano.
Le denominazioni dei modelli possono essere, infatti, le più svariate, capaci di stimolare l’immaginazione di costruttori e acquirenti. Ma da dove nascono questi appellativi che incuriosiscono e nella maggior parte dei casi diventano dei veri miti della produzione automobilistica?
A dire il vero non ci sono delle regole precise per “battezzare” le vetture ma concorrono diversi fattori: alcuni frutto dell’estro di disegnatori e progettisti, altri più attinenti alle caratteristiche tecniche dei veicoli, altri infine riconducibili a fatti meramente casuali e storie sconosciute ai più.
Un esempio in questo senso è rappresentato dalla Volkswagen Golf. A suggerirne il nome fu il progettista Giorgetto Giugiaro influenzato dalla parte terminale della leva del cambio la cui forma ricordava appunto la pallina di quello sport.
Spesso è il cognome del proprietario o dell’azienda (Pininfarina, Porche, Bianchina da Bianchi) a caratterizzare un marchio o un modello ma non mancano i casi in cui l’ispirazione venga dalla cilindrata, dal numero dei cavalli o addirittura dagli sportelli (Maserati Quattroporte).
C’è chi invece predilige il fattore geografico come la Seat. Il marchio spagnolo è infatti storicamente legato alla propria terra, la Spagna, che ha omaggiato richiamandone città isole e monumenti: Malaga, Marbella, Ibiza, Alhambra, Leon, Toledo, Cordoba ecc. I coreani di Hyunday e Kia preferiscono invece attingere all’estero. Dei primi è evidente la passione per le Americhe evidenziata nei modelli “Santa Fe”(sud), Veracruz (centro) e la rinata Tucson (nord). I secondi invece commercializzano la Sorento (manca una r ma pazienza!!), Sedona e Rio.
Molto gettonati dai responsabili marketing delle case automobilistiche sono anche i nomi di fauna, flora e fenomeni atmosferici: Corolla e Sequoia (Toyota), Rabbit e Beetle (Volkswagen), Eclipse (Mitsubishi), Viper (Dodge), Leaf (Nissan), Thunderbird (Ford). Viene invece immediatamente voglia di mettersi uno zaino in spalla e partire all’avventura leggendo Pathfinder di Nissan, Discovery e Freelander di Land Rover, Odyssey di Honda, Tundra di Toyota, Voyager di Chrysler e Compass di Jeep.
Un capitolo a parte nella definizione dei tipi di auto meritano i nomi femminili. Considerate delle vere e proprie muse ispiratrici le donne hanno avuto da sempre un ruolo privilegiato in questo settore.
«It’s so mini!» (E’ così minuscola) si racconta abbia esclamato un giorno la ragazza di uno dei più stretti collaboratori di Sir Alec Issigonis vedendo per la prima volta il prototipo della Mini. E fu così, per la spontaneità di quella indovinata osservazione femminile o forse perchè quelli erano gli anni delle prime minigonne che la rivoluzionaria automobile inglese si chiamò Mini.
All’inizio del novecento invece Eiln Jellinek, console austro-ungarico a Nizza e pilota di auto da corsa impose a Paul Daimler di chiamare le sue automobili con il nome della sua terzogenita Mercedes segnando così un secolo di storia della casa di Stoccarda.
Molto curioso l’aneddoto della nascita di Giulietta che fece la fortuna di Alfa Romeo. In occasione di una cena tra i dirigenti della casa del Biscione al tavolo sedevano soltanto uomini fatta eccezione per la signora De Cousandier moglie dell’ingegner Leonardo Sinisgalli. Ad un certo punto il gruppo fu avvicinato da un esule russo che esclamò: «Siete sette Romei e ora avete anche una Giulietta». L’ispirazione sarebbe così venuta immediatamente ai commensali.
Non mancano inoltre riferimenti alla storia: se Fiat ha scelto per i suoi veicoli industriali nomi di antiche monete (Scudo-Fiorino-Ducato) Lancia ha rispolverato l’alfabeto greco dal quale sono nate, fin dagli anni 20′, la Delta la Beta, la Gamma, la Thema e la Dedra. Non frequentissimi ma presenti anche gli acronimi. Il più famoso di tutti è forse MITO abbreviazione di Milano e Torino, le due capitali italiane della storia dell’auto, originarie sedi di Alfa e Fiat.
Non molto fantasiosi ma assai precisi sono invece i tedeschi che assegnano ai loro bolidi (BMW e Mercedes su tutti) precise cifre che prima indicavano la cilindrata ed ora lo step di potenza.
Questo “gioco” di nomi può avere però anche il rovescio della medaglia. Non sempre infatti una denominazione è recepita con lo stesso significato in mercati diversi da quello di produzione generando dei “pericolosi” doppi sensi. Ne sanno qualcosa i produttori della Volkswagen Jetta che in Italia non ebbe fortuna perchè associata alla jella o la Opel Ascona che nei mercati spagnoli ha suscitato parecchie ilarità poiché questa parola indica i genitali femminili.
Se dovete scegliere un’ automobile quindi non farmatevi alle caratteristiche e prestazioni ma lasciatevi trasportare dalla loro identità avendo l’accortezza di controllare a cosa corrisponda nella vostra lingua.