Impatto globale positivo e di crescita, ma con effetti diversi da paese a paese. E impatto sul mercato del lavoro, non per sottrarlo ma per colmare le carenze di un invecchiamento graduale della popolazione. Due facce di una stessa medaglia e di un processo già in atto, quello dell’automazione e dell’intelligenza artificiale. Queste, in sintesi, alcune delle conclusioni del recente report “What the future of work will mean for jobs, skills and wages”, pubblicato dalla società internazionale di consulenza McKinsey Global Insitute.
Secondo il rapporto, l’aumento di produttività dovuto all’automazione aumenta il tasso di crescita annuo a livello globale per lo 0,8% e l’1,4%. Con benefici sia a livello macroeconomico sia microeconomico, e consentendo alle imprese non solo di ridurre il costo del lavoro, ma anche di migliorare la qualità e diminuire i tempi di inattività. I lavori che si prestano ad essere automatizzati prima sono quelli che comportano un’attività fisica (particolarmente diffusi nel settore manifatturiero e del commercio al dettaglio) e quelli che nella lavorazione dei dati (raccolta e trasformazione).
Nel documento si sottolinea come i cambiamenti della forza lavoro generati dalle tecnologie di automazione sono paragonabili a quelli che alcuni paesi hanno sperimentato nel XX secolo nel passaggio da economie agricole a quelle industriali. «Quei cambiamenti non hanno comportato disoccupazione di massa di lunga durata perché sono stati accompagnati dalla creazione di nuovi tipi di lavoro non previsti al momento. L’analisi dimostra che saranno ancora necessari gli esseri umani nel mondo del lavoro». Anzi, a causa dell’invecchiamento della popolazione, è molto più probabile un deficit che non un surplus di lavoro umano.