“La rugiada di San Giovanni guarisce da tutti i mali” recita un proverbio contadino che guidava le azioni di nonni e bisnonni in occasione del solstizio d’estate. Si credeva infatti, che la rugiada della notte del 24 giugno avesse poteri guaritori e un esempio è l’acqua di San Giovanni. Oggi sono pochissime le famiglie che continuano la tradizione di questa acqua profumata di cui ne abbiamo solo il ricordo nelle parole dei più anziani.
Nelle campagna si raccoglievano i fiori e li si immergeva in un contenitore che veniva lasciato all’aperto. L’indomani l’acqua era utilizzata per lavarsi in una sorta di rito purificatore alla stregua dei falò che venivano accesi nelle case di campagna proprio in questa data quando, si pensava, che gli elementi naturali avessero poteri particolari. Nel libro “Erbe, arbusti e alberi nella tradizione popolare delle Marche” l’autrice, Antonietta Baldoni, scrive che si mettevano quante più piante aromatiche possibili. Alcuni anziani in campagna ricordano tra le altre, i petali di rose, il rosmarino, l’erba caciola, l’erba di San Giovanni (iperico) e l’alloro, la mattina successiva tutta la famiglia si lavava il viso con questa acqua. Si ritiene che l’acqua di San Giovanni tragga origine da riti pagani.