Il mese scorso all’F8, la conferenza dedicata agli sviluppatori che si è tenuta per il 2017 in California, Facebook ha presentato uno dei nuovi progetti che ha in cantiere.
Il gigante dei social media sta studiando un sistema che permetta di offrire connessione alle zone in cui le infrastrutture hanno subito danni e sono in corso riparazioni che, magari, prevedono lunghi periodi. Il nuovo mezzo si chiama Tether-tenna ed è un drone-elicottero (“al guinzaglio”) che, agganciato a un cavo, volerebbe a pochi metri dal suolo per portare Internet in zone devastate da disastri naturali. Sarebbe utile sia per i soccorritori che per le popolazioni colpite dalla catastrofe in aree in cui, per esempio, le torri della telefonia sono cadute o risultano inagibili a causa di un’emergenza.
Questo tipo di tecnologia è chiamata, appunto per questo, insta-infractusture e provvede a creare infrastruttura instantanea pronta a intervenire nel minor tempo possibile in caso di bisogno.
Le dimensioni del drone-elicottero sono quelle di una piccola utilitaria e il cavo che lo ancorerebbe al suolo sarebbe necessario per garantirgli l’energia sia per mantenerlo in volo per giorni sia per proteggerlo da raffiche di vento anche molto forti possibili in zone colpite, per esempio, da un tifone o fulmini. I primi esperimenti hanno dimostrato che riesce a funzionare per 24 ore di fila.
Non è ancora chiaro, però, quando Tether-tenna potrà essere davvero operativo.
Yael Maguire, il capo del Facebook Connectivity Lab, ha dichiarato: «Siamo ancora nelle fasi iniziali dello sviluppo e serve un sacco di lavoro per garantire che possa funzionare autonomamente per mesi. Siamo entusiasti dei progressi finora».
Questo progetto fa parte di una serie di iniziative che Facebook sta mettendo in campo in collaborazione cn Telecom Infra Project con l’obiettivo di abbassare i costi della connessione e raggiungere chiunque.
Già nel 2016 Facebook aveva fatto volare nei cieli Aquila, il drone a energia solare che aveva come obiettivo quello di portare Internet nelle zone più remote del globo per garantire un accesso quanto più allargato possibile. Aquila volava senza pilota a 665 metri sopra al livello del mare e aveva un motore paragonabile per potenza a quello di un phon per capelli. La sua autonomia nel momento del lancio era di due settimane e il suo raggio d’azione, che garantiva la connessione, arrivava fino a 100 chilometri grazie all’utilizzo di comunicazioni laser e sistemi a onde millimetriche.