«Non possiamo permettere che un terzo di tutto il cibo che produciamo finisca nei rifiuti o vada perso a causa di pratiche inadeguate, quando 870 milioni di persone soffrono la fame ogni giorno». Le parole di José Graziano da Silva, direttore generale della Fao, fotografano perfettamente la grave situazione che il globo terrestre sta vivendo. Ogni anno, infatti, 1,3 miliardi di tonnellate di prodotto commestibile viene gettato via e avvolte non arriva neppure a destinazione, deteriorandosi dalla produzione alla destinazione finale. Il valore economico si aggira intorno ai 13 miliardi di euro all’anno.
Leggi, regolamenti europei, informazione e sensibilizzazione dei consumatori, hanno portato l’Italia verso un leggero miglioramento sotto quest’aspetto: secondo i dati del Food Sustainability Index FSI (indice molto specifico che rivoluziona la visione del cibo come lo conosciamo e analizza le scelte alimentari del pianeta in base al valore complessivo che rappresenta, e non solo rispetto al suo gusto) l’Italia occupa il nono posto in termini di “Cibo perso e sprecato”, nella classifica stilata su 25 Paesi. “L’Italia – si legge nel rapporto – ottiene il massimo punteggio su alcuni indicatori, come quello relativo alle politiche messe in campo per rispondere allo spreco di cibo”. I miglioramenti sono stati possibili anche grazie all’introduzione della legge 166/16, che ha stabilito regole certe dalla fase di produzione a quella di distribuzione, a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi.
La regione Marche, per quanto relativamente piccola, ha i suoi bei problemi sotto quest’aspetto. La Coldiretti ha stimato novantamila tonnellate di prodotti alimentari gettati nelle pattumiere delle case ogni anno. “Questi dati – si legge in un comunicato dell’associazione di agricoltori – rappresentano un problema etico, economico e ambientale per l’impatto negativo, sia in termini di dispendio energetico che di smaltimento dei rifiuti. Agli sprechi delle famiglie vanno aggiunti quelli nella ristorazione, nella distribuzione commerciale, nell’agricoltura e nella trasformazione”.
I consigli per buttare via meno
Per evitare di gettare nella pattumiera carne, frutta e verdura, bisognerebbe seguire alcune regole fondamentali in casa. A spiegarcele nel dettaglio è proprio la Coldiretti che, attraverso le parole del responsabile della comunicazione Massimiliano Paoloni, vuol spingere i consumatori nell’acquisto di prodotti alimentari adeguati e proporzionati.
- Leggere attentamente la scadenza sulle etichette e verificare ogni giorno la posizione dei cibi nel frigorifero: davanti le cose con breve scadenza o in scadenza, dietro le cose a più lunga conservazione;
- Effettuare acquisti ridotti e ripetuti nel tempo;
- Privilegiare confezioni adeguate e proporzionate al numero di componenti della famiglia;
- Scegliere frutta e verdura con il giusto grado di maturazione e preferire la spesa a chilometri zero che garantisce una maggiore freschezza e durata;
- Non avere timore di chiedere la cosidetta “doggy bag” quando si mangia al ristorante. (Un’indagine Coldiretti/Ixe ha stimato che un italiano su tre, il 36%, quando esce dal ristorante porta a casa gli avanzi, mentre il 22% ritiene che sia da maleducati, da poveracci e volgare o si vergogna comunque a richiederla. Il 18%, invece, non lascia alcun avanzo quando va a mangiare fuori);
- Conservare i prodotti al meglio: mantenere frutta e verdura fresche, lontano dai punti di calore per evitarne l’eccessiva maturazione, tenere l’olio extravergine al buio per far sì che non si ossidi così come le patate, che altrimenti germoglierebbero in fretta.
Scelte di acquisto consapevoli ed etichettatura – A frenare gli sprechi sono anche le cose che si scelgono di acquistare. «La frutta e verdura – dice Coldiretti – andrebbe presa direttamente dal produttore in vendita nei mercati degli agricoltori. Questi prodotti durano anche una settimana in più, non dovendo rimanere per tanto tempo in viaggio. Inoltre, bisognerebbe conoscere le informazioni fornite in etichetta sulla scadenza dei cibi e, in particolare, informarsi sulla differenza tra i termini “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro il…”». La dicitura “da consumarsi entro” rappresenta la data entro cui il prodotto deve essere consumato ed anche il termine oltre il quale un alimento non può più essere posto in commercio: «Tale data di consumo – precisa la Coldiretti – non deve essere superata altrimenti ci si può esporre a rischi importanti per la salute. Si applica ai prodotti preconfezionati rapidamente deperibili, come il latte fresco (7 giorni) e le uova (28 giorni)». Il Termine Minimo di Conservazione (TMC), invece, è riportato con la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro” e indica la data entro cui quel prodotto alimentare conserva le sue proprietà organolettiche, gustative e nutrizionali in adeguate condizioni di conservazione. Quindi lo si può comunque consumare, ma non se ne assicura l’integrità. Ad esempio: se un pacco di biscotti presenta il TMC scaduto e si mangiano dopo breve tempo dopo la data indicata, non significa necessariamente che tali biscotti siano pericolosi per la salute o non commestibili. Piuttosto, potrebbero essere meno friabili e gustosi di come lo sarebbero appena sfornati.
I piatti del giorno dopo – Se è certo che frutta e verdura sono ottimi da gustare appena colti, è altrettanto vero che le cosiddette “ricette di recupero” hanno un loro fascino e sapore particolare. «Sulle tavole degli italiani – spiega Coldiretti – sono tornati i piatti del giorno dopo come le polpette, le frittate, le pizze farcite, la ratatouille e la macedonia. Ricette che non solo rappresentano un’ottima soluzione per non gettare gli avanzi, ma aiutano a perpetrare tradizioni culinarie del passato, secondo l’usanza del riciclo che ha dato origine a piatti diventati simbolo della cultura enogastronomica del territorio».
I piatti antispreco sono tanti: «Si possono preparare delle ottime polpette – conclude il portavoce dell’associazione – recuperando della carne macinata avanzata, semplicemente aggiungendo uova, pane duro e formaggio, oppure la frittata di pasta per riutilizzare gli spaghetti del giorno prima e, ancora, la pizza rustica, per consumare le verdure avanzate avvolgendole in una croccante sfoglia. Se avanza del pane, invece, si può optare per la più classica panzanella aggiungendo semplici ingredienti, come pomodoro, olio e sale per arrivare alla più tradizionale ribollita, che utilizza cibi poveri come fagioli, cavoli, carote, zucchine, pomodori e bietole. Basta solo un po’ di estro e si possono preparare piatti unici e gustosissimi».