Macerata

Macerata, l’addio a Teresa Faldetta. Il ricordo appassionato del figlio, il professor La Matina

Il funerale si è svolto nella chiesa Santa Madre di Dio. Il figlio è docente di Filosofia del linguaggio all’Università di Macerata

MACERATA – Era nata 87 anni fa a Casteltermini, in Sicilia. Dieci anni fa decise di raggiungere il figlio Marcello a Macerata e lì era rimasta, fino a martedì scorso (18 agosto) quando il suo cuore ha smesso di battere.

Questa mattina alla chiesa Santa Madre di Dio a Macerata don Carlos ha celebrato il rito funebre per Teresa Faldetta, mamma del docente di Filosofia del linguaggio all’Università di Macerata, Marcello La Matina. Il funerale è stato trasmesso in diretta su un gruppo Facebook privato per dar modo ai parenti in Sicilia di poter partecipare alla funzione e dare l’ultimo saluto alla donna.

Teresa Faldetta in La Matina

«Nostra mamma Teresa ci ha lasciati. Se n’è andata lentamente, fino a quell’ultimo respiro reso quasi sulle nostre facce – ha ricordato Marcello La Matina –. Teresa ci ha alitato la sua vita, perché non restassimo orfani; e poi è volata via dal suo letto fino in cielo, serena, verso un incontro importante al quale si era preparata da sempre. Era nata ottantasette anni fa in un paesino di minatori, nella Sicilia centrale: Casteltermini, dove si parla un dialetto simile al più noto “vigatese”. Era piccolina, e gli anni l’avevano resa ancor più minuta, fino a farne un tenero fuscello. Teresa aveva una fede solida e una cordialità che conquistavano. Era lei che tutti salutavano e cercavano con gli occhi alla Messa. Erano per lei quasi tutte le telefonate di casa. Qui a Macerata era venuta per poco tempo e ci è rimasta quasi dieci anni di fila. In silenzio, nel riserbo della sua stanza chiara. E mancherà a tanti, che l’hanno amata e l’hanno anche assistita. Nominarli tutti sarebbe impossibile. Tacere il nome del dr Giordano Riccioni sarebbe però imperdonabile».

Il professore La Matina ha poi aggiunto una riflessione proprio sul senso della parola “mamma”. «Tra le definizioni dell’essere umano quella che trovo più adeguata è il “nato da donna”. Quello che ci caratterizza come umani, infatti, non è ciò che possediamo (il linguaggio, la ragione, la stazione eretta), bensì quello non possediamo e che riceviamo da altri: la vita. La mamma ripete per ognuno di noi il gesto divino della creazione. Ogni figlio è un piccolo creato e la sua mamma una piccola grande creatrice».

«In Sicilia è comune che le mamme dicano a un figlio “chiatu mia”, cioè fiato, respiro mio. Noi siamo lo hiatus, il respiro di qualcun altro e questo qualcun altro è la mamma. Senza il dono del respiro da parte di una mamma, non ci sarebbe uomo. Conservare amore alla mamma significa custodire il respiro che ci accomuna, fare famiglia con lo spirito di lei, “con-spirare” insieme a lei. Senza il respiro di una mamma anche la famiglia si ridurrebbe a poca cosa. Questo respiro invece ci dona le parole, ci apre ai suoni, ci svela la particolarità unica di una voce che, dalla nascita in poi, sarà per noi unica tra tutte».