SAN SEVERINO MARCHE- «Abbiamo perso un fratello calmo, che amava tutti. Vogliamo assicurarci che sarà fatta giustizia. Ciò che ci ha addolorato veramente, è il fatto che abbiamo appreso la notizia della sua scomparsa tramite i video dei social media». Fanno riflettere queste parole, pronunciate oggi pomeriggio 1 ottobre dall’altare del chiostro di San Domenico, dove si è celebrato il rito funebre per Alika Ogorchukwu, l’ambulante nigeriano ucciso lo scorso 29 luglio a Civitanova per mano del trentaduenne Filippo Ferlazzo. Le ha dette un suo fratello, in occasione del rito funebre che si è tenuto a San Severino, centro dove la vittima viveva insieme a sua moglie Charity Oriachi.
La consorte, invece, ha affidato le sue parole ad un suo familiare che ha letto il memoriale dall’altare. Poche righe dense di dolore, le ultime note di un amore spezzato dalla follia di un omicida. Ancora troppa la commozione per decidere di parlare, nonostante siano passati due mesi dall’orrore di corso Umberto I. «Alika – ha detto il delegato Sami – era un grande marito e un padre, un buon uomo che mostrava timore per Dio. Aveva un futuro davanti a sé ma la morte ce lo ha portato via. Come famiglia sentiremo sempre la sua mancanza, non lo dimenticheremo. Che la sua anima riposi in pace».
Al funerale, presenti un’ottantina di persone, per la maggior parte nigeriani, tra cui amici e parenti delle famiglie del defunto e di sua moglie, alcuni venuti direttamente dall’Africa. Ancora, il rappresentante della comunità nigeriana Samy Konoun e senegalesi, ma anche l’ex assessore regionale Angelo Sciapichetti. Assenti invece le autorità civitanovesi.
Un ultimo saluto scandito dai canti delle giovani della comunità religiosa cui apparteneva lo stesso ambulante, dalle numerose testimonianze di affetto e di vicinanza alla famiglia e dal bagliore dei riflettori mediatici. Dolore che è un tutt’uno con l’unione di una comunità etnica che torna a chiedere giustizia per un “fratello scomparso” e che lascia parlare i suoi pastori. «Se Alika non è più con noi significa che vive in mezzo a noi. La vita non finisce mai. Ce lo dice la Bibbia, perciò siamo qui per il cordoglio ma anche per la speranza – ha sottolineato un pastore – La speranza di una vita eterna, appunto». A fine cerimonia, il legale della famiglia, l’avvocato civitanovese Francesco Mantella, ha ringraziato il Governo italiano e il console in Nigeria per aver permesso l’arrivo dei parenti al funerale, nonché l’onorevole Irene Manzi per la vicinanza ai parenti di Alika.